Piccolo compendio di psicologia #2 bis. Le infanticide.

Non allarmatevi, non e’ un messaggio subliminale che mi riguarda. Siccome il precedente compendio ha suscitato scalpore, vorrei portare un ulteriore esempio di quello che spesso viene chiamato “raptus” e che invece di improvviso ha solo la tempestività, perché potrebbe invece essere ampiamente prevenuto. Si parla sempre di gente che vive/respira/lotta quotidianamente insieme a noi.

Voi mi piacete, bloggers, e con buona probabilità mi piaceranno anche i blog che voi seguite. Mi piace informarmi e trovare cose interessanti da leggere, perciò ieri sono capitata qui. Che voglio dire, per una nel mio stato leggere Ero una brava mamma prima di avere figli c’e’ già la risata nervosa assicurata. Ma siccome la tipa e’ una tosta, ed e’ una giornalista seria, ho seguito un suo link e sono andata a leggermi l’articolo che ha scritto per Gioia: Il giorno che ho visto il diavolo negli occhi di mio figlio.

Leggetelo, e’ bellissimo. E’ scritto davvero molto bene, porta argomenti non banali ed approfonditi, e’ davvero interessante nel modo in cui affronta un tema tabù come quello della fragilità materna. E chi di voi ha visto il film con Giovanna Mezzogiorno, me ne parli, per favore.

Faccio un passo indietro. Settimane fa Nonsisamai ha pubblicato un post, bellissimo, in cui e’ racchiuso tutto il senso della prevenzione. Di quella che dovrebbe essere, la prevenzione.
Nonsisamai, donna intelligente, ha pensato bene di chiedere un consiglio per uno strano comportamento di suo figlio che non riusciva a decifrare. Dall’altra parte del telefono le hanno fatto delle domande banali, si’, ma per capire il contesto e il livello di rischio per il bambino:

Dato che la nostra assicurazione ha un servizio di assistenza per il quale hai la possibilita’ di chiamare a qualunque ora e parlare con un’infermiera, ho provato a chiamare per chiedere un consiglio. Non riuscivo davvero a capire cosa stesse succedendo.  […]

“Bene, dalla voce sembra stia bene. Ha mangiato?”
E via a domande su domande. Il fatto e’ che prima di chiudere mi ha chiesto is he safe? Are you gonna hurt him because you feel too tired(e’ al sicuro? potresti fargli del male perché sei troppo stanca?)

Ecco, io trovo questo approccio diretto ed efficace.
Nei commenti Selena scrive

magari avessi avuto io un’aiuto cosí!!! ho passato 1 anno, dico 1 anno, dormendo 3 ore per notte e non tutte di fila…ecco, dire che ero irritabile e stanca da morire é poco. ora il bimbo, che ha 20 mesi, dorme di piú, anche 10 ore con una o due sveglie…ma ci son ancora notti che non chiudo occhio…ripeto, se anch’io avessi potuto appoggiarmi ad aiuti del genere sarei stata molto meglio!!

Le mie amiche, quelle che hanno avuto bimbi, a volte erano stanche, ma cosi’ tanto stanche da urlare o perdere le staffe per poco. Succede a tutte, e’ umano, soprattutto quando hai un figlio più grande a cui badare e un marito di scarso supporto. Per non parlare di chi ha la famiglia lontana. Ma può diventare pericoloso per il bimbo, un moto di stizza fatto di impulso, per disperazione, può avere conseguenze letali.
Dall’articolo di Paola Maraone:

Sono andata in crisi profonda, mi facevo sempre le stesse domande: riusciremo a pagare le bollette, il mutuo? E poi ero stanchissima. Ho chiesto aiuto a mia madre ma lei era molto impegnata. Una sera mio marito è uscito a prendere una pizza. Io ho guardato mio figlio e mi è sembrato che avesse gli occhi neri, puntuti come capocchie di spillo. Ho sentito una voce che mi diceva: uccidilo, è il diavolo. Non ho pensato a quel che sarebbe successo dopo, ho agito d’impulso e l’ho accoltellato.

La relazione madre-figlio, fin dalla gestazione, e’ fatta di ambivalenza. Si ama il bimbo che si porta in grembo con tutte se stesse ma si detesta il corpo che cambia senza controllo, si teme per i propri spazi, la propria autonomia, la propria capacita’ di accudimento. E spesso intorno a noi c’e’ il vuoto, c’e’ chi vuole ascoltare solo gli aspetti positivi, quelli ambivalenti vengono ricacciati giu’ perche’ indegni dell’amore di madre. Ma se ci fosse invece la possibilita’ di dare voce alle nostre paure, immediatamente diventerebbero normali e scomparirebbero.

Si può uccidere per un figlio. E si può uccidere un figlio, raccontano le storie di queste pagine. Non nascondiamoci l’ambivalenza di amore e odio che sempre accompagna la maternità. Ogni bambino, in fondo, vive e si nutre del sacrificio della madre: sacrificio del corpo, del tempo, dello spazio, del sonno, del lavoro, delle relazioni, di un amore diverso da quello per lui. […] ‘La cosa importante sarebbe che le persone, dallo psicologo o dallo psichiatra, ci andassero prima. Non dopo, cioè quando arrivano da noi’, mi spiega Gianfranco Rivellini, direttore del Servizio di continuità riabilitativa (i laboratori) dell’Opg. ‘E sarebbe utile che lo psichiatra verificasse la situazione familiare. Il che purtroppo non avviene, o avviene molto di rado’.

Sono sicura che chiunque stia leggendo ha visto, o sentito raccontare di, una mamma stanchissima, sfinita, senza piu’ forze. Come gia’ detto per l’altra casistica sulle vittime dei borderline, tendete la mano, provate a chiedere, non siate indifferenti, o fatele notare cosa c’e’ che non va.

La maternità, con la depressione post partum, può rendere manifesta una forma psicotica che prima era latente.

E’ esattamente quello che ho scritto nell’altro post: le persone che poi passano all’atto (uccidono, delinquono, si drogano ecc) sono perfettamente integrate, lavorano, hanno amici, vanno in palestra, esattamente come voi. Non e’ che un borderline ha un alone viola intorno a se’ che lo contraddistingue. Solo che se il 90% delle donne non va in pezzi con una depressione post partum e il restante 10% si’ e uccide il proprio bimbo, un motivo ci sara’. Non e’ che il raptus arriva all’improvviso, senza preannuncio. E’ che di solito sembra tutto nella norma. Sembra. “Era tanto una brava persona”.
Ma chi sa guardare bene, chi si fa delle domande, lo sa che tutto nella norma non e’.

p.s. L’anno scorso ho chiamato un Centro di Roma che conoscevo solo di nome, perché le suore della scuola materna mi avevano segnalato uno strano comportamento di un papa’ nei confronti di alcuni bambini. Sono una psicologa dello sviluppo ma non sono onnisciente, ne’ sono la dea Kali’. Ho chiamato, spiegato la situazione, mi hanno fatto mille domande, giustamente, e siamo rimasti d’accordo sul da farsi. Beh, mi hanno richiamata mille altre volte anche a distanza di mesi, per sapere come andava, se c’erano stati altri episodi. Ho apprezzato tantissimo il loro lavoro, il Centro si chiama La cura del girasole, e sono sicura che anche solo per telefono si possono risolvere un sacco di dubbi e di timori riguardo il disagio e l’abuso sui bambini.


Non abbiate paura dei servizi sociali e degli assistenti sociali. Fanno il loro lavoro per aiutarci, non per portare via i bambini alle famiglie: questa e’ una leggenda senza fondamento. Vi assicuro che i casi in cui ho visto allontanare i minori dalle famiglie sono per fatti davvero gravi, ripetuti nel tempo, e solo dopo aver tentato mille altre strade possibili. Abbiate fiducia negli altri. Chiedete aiuto. Parlate. Confrontatevi. La maggior parte delle altre mamme vi risponderà Anche per me e’ cosi’.


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0 commenti

  1. Terribile, e meravigliosamente ben descritto. Io ho partorito a Moncalieri (Torino), ospedale Santa Croce: c'è una assistenza pre e post parto magnifica. Un gioiello, una cura incredibile, una accortezza materna, è il caso di dirlo: non ti dimettono finchè non sono certe che stai allattando, e bene, e finchè non sono certe che tu stia bene, psicologicamente. La loro teoria è cercare di far sì che tutte le mamme allattino al seno, in modo da creare quel particolare rapporto simbiotico che cementifica le basi del riconoscersi tra madre e figlio. Alla dimissione, ci si dà appuntamento alla pesata settimanale, in una stanza accogliente, dove la bilancia per i neonati è solo il lato tecnico/pediatrico dell'incontro, ma il resto delle quattro (quattro!!!) ore si sta in cerchio, con i propri bimbi, a parlare non solo delle ragadi al seno o delle creme da pannolino, ma anche delle proprie stanchezze, delle proprie paure, dell'ansia di non essere brave, della fatica che si è fatta quel mattino a trascinarsi lì all'asl dopo una nottata insonne. E quando vedi le mamme struccate come te, spettinate come te, con gli ormoni ancora sballati come te, stanche, assonnate e nervose e con le lacrime come te, e -sottolineamolo- che non si riconoscono più nel fisico deforme da post parto…tutto appare meno grave, meno impossibile da sopportare. Quei sei mesi di assistenza per me hanno voluto dire davvero tanto.

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  2. Si', il peggio viene proprio al ritorno a casa. Oggi un'amica di qui ha commentato quel mio post sui gemellini Buy one/get one free, sai? 🙂 e quando le ho scritto che per quello non mi sentivo ancora pronta mi ha risposto: Ti aiuto io. Eh si', volevo dirle, vieni a dormire da noi?Comunque bisognerebbe frequentare corsi pre e post partum. Sono d'accordo. E creare alleanze e comunita'.

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  3. Guarda, su quelle che arrivano a prendere un coltello in mano non mi pronuncio, non essendo la psichiatria il mio mestiere. Per quanto riguarda invece i piccoli – ma purtroppo molto pericolosi – gesti che chiunque potrebbe compiere in un momento di profondissima stanchezza (vedi shaken head syndrome) qui in America fanno le seguenti raccomandazioni, che secondo me in Italia sono molto sottovalutate. Praticamente se si e' sole e stanche con un bambino che piange magari da ore e si sente che la pazienza sta per scappare via bisogna:- mettere il bimbo in un posto sicuro (lettino) e lasciarlo piangere- chiudere la porta- sedersi a terra e respirare profondamente per 10 minuti- una volta calme, tornare a cercare di calmare il bambinoQuesto perché di pianto non e' mai morto nessuno, mentre anche un unico scossone con po' di sfortuna può causare cecità o danni cerebrali permanenti.E invece mi da fastidio vedere come sui forum italiani ogni santa volta che una poveretta si sente in colpa per aver fatto piangere il figlio, si vede ripetere la stessa lezioncina dai soliti nugoli di pie donne: i bambini non vengono fatti piangere mai! Piuttosto chiedi aiuto, paga qualcuno per fare le faccende ecc. Beh, non penso di scoprire l'acqua calda se dico che ci sono donne che aiuti non ne hanno. E non parlo di me sia chiaro: ho la fortuna di avere un marito molto presente e 4 nonni che, per quanto lontani, quando sono da noi non si risparmiano. Pero' non mi permetto di giudicare le altre, nè tantomeno di elargire consigli che sono in netto contrasto con quanto consigliato dagli esperti. Scusa se ho approfittato del tuo post per togliermi questo sassolino dalla scarpa.

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  4. Mia madre mi racconta sempre che non dormivo e piangevo tutta la notte. Smettevo solo se qualcuno mi prendeva in braccio e mi faceva camminare e tante volte lei ha avuto paura di addormentarsi per il sonno e lasciarmi cadere…Non è mai successo niente ma credo che se qualcuno le avesse detto “lasciala piangere e dormi mezzora” si sarebbe risparmiata tante paure…

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  5. quando sono nati i miei bimbi, per entrambi ho provato, assieme alla sensazione di totalità ancestrale dell'amore, anche il sentimento ambivalente del rifiuto. Non il rifiuto fisico inteso come repulsione, ma quel sentimento ambiguo che è il riconoscere quell'essere sconosciuto, grinzoso e fragile come parte (ormai distaccata) di sè. Quando è nella pancia, si è in simbiosi. Quando lo finalmente lo vedi, lo guardi per ore, lo scruti, a me a volte non sembrava nemmeno fosse mio, mi dicevo che non ero pronta, quasi faticavo a riconoscerlo come quello stesso esserino che scalciava dentro di me fino a dieci minuti prima.

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  6. E' un post molto giusto, molto bello, davvero forse per la prima volta apre davvero gli occhi anche a me. Conosco ovviamente donne che sono state molto vicino al dare di matto, purtroppo ne conosco molto bene una, e quoto tantissimo il commento di cherry blossom sul piazzare il bimbo nel lettino ecc. E la ringrazio. Perchè se io sto male ma non ho bimbi intorno al massimo (il che già naturalmente sarebbe grave) danneggio me stessa, ma qui stiamo parlando del rischio serio che ci vada di mezzo un bambino. Chiedere aiuto! Io vorrei allargare il discorso al disagio in generale. Non sono una sciacquetta, una mammoletta, ma ultimamente ho lanciato chiari messaggi ai miei familiari e non sono stati colti, scrivevo “sto male da morire” e mi rispondevano “non puoi andare via per un week end?” oppure “sono sempre più abbacchiata” risposta “verranno tempi peggiori!” Poi facendomi forza, con mio marito ne sono uscita, diciamo uscita da questa fase tremenda ma mi capita di ripensarci e dirmi “ma dove eravate?” Abbraccione

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  7. E' verissimo, e come ne ho gia' parlato ne riparlero'. Ma ci sono tante persone che, come descritto per questo post, ritengono il chiedere aiuto ad uno specialista un fallimento, una resa alla propria sanita' mentale. Voglio dire, dal medico ci si va se si ha un sintomo; perche' non considerare il malessere dell'anima come tale? Perche' non rivolgersi a qualcuno che puo' davvero aiutarti? Anche questa e' prevenzione.Credo che buona parte di questo rifiuto sia imputabile anche alla mia categoria, con la ortodossia della quale mi trovo ampiamente in disaccordo.

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  8. Complimenti per questo post. Purtroppo attorno alla maternità aleggiano molti equivoci, non ultimo il volerla un'esperienza piena di luce e priva di ombre.E' invece un'esperienza ambivalente e poche volte c'è un fattivo supporto dopo il parto, mentre se ne fa un gran parlare prima.Sicuramente la solitudine non aiuta (parlo per esperienza personale) così come non aiutano la paura del dolore altrui che impedisce spesso a chi è vicino anche di cogliere segnali evidenti.Spesso il confine tra fare una sciocchezza e non farla è molto labile e si impara anche da sole che un po' di sano distacco, fa meno male di un attaccamento eccessivo. Se solo non dessimo troppo spazio ai sensi di colpa.

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  9. Mi ricordo le notti insonni e le emicranie che non mi hanno mai abbandonato durante l'allattamento (non potendomi prendere neanche i farmaci) e soprattutto quando arrivava la fascia oraria in cui da piccolo esserino innocente, mia figlia si trasformava nel mio peggiore incubo! Quello che però più di tutto mi faceva imbestialire erano tutti quelli che venivano ad aiutarti, ma poi ti ridavano l'essere ululante dicendo “vuole te” !!!!! mentre io no, volevo fuggire di casa e non sentire più quel pianto, una pausa, silenzio, un momento per me!Se io non ero serena, non ero neanche in grado di rasserenare la piccola, ci vogliono dei momenti per raccogliere le idee, per ritrovare le energie, per ricaricare le pile scariche, puoi aver letto tutti i libri del mondo, puoi essere una super esperta di età evolutiva, ma devi essere in grado di chiedere aiuto, anzi lo devi pretendere da chi ti stà più vicino, e se si è veramente soli…allora si che bisogna chiederlo ai servizi, perchè mai come nell'esperienza di maternità serve umiltà e accettazione dei limiti.

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  10. Sono madre da un anno e i primi tre mesi sono stati durissimi. Mi sentivo molto sola e molto triste. Amavo mia figlia ma soffrivo per la liberta' persa, per l'indifferenza degli altri che quando ero incinta mi riempivano di attenzioni e che dopo il parto, quando avrei avuto bisogno sul serio, sono scomparsi. Vivere all'estero, in una citta' non-citta' come L.A., puo' complicare una situazione emotiva/ormonale gia' delicata quale e' la maternita'. A volte penso che mio marito avrebbe dovuto essermi piu' vicino, capire che se avesse saltato un giorno di lavoro per fare una passeggiata al parco con noi, io sarei stata meglio. Credo che anche lui stesse facendo i conti con la paternita' e si buttava nel lavoro. Lui poteva. Io no. Io ero chiusa in casa ad allattare, cambiare pannolini, passare il tempo con un essere bellissimo e esigentissimo. Solo chi ci e' passato nella maternita' in solitaria puo' capire il senso di solitudine che si prova. Nei momenti piu' bui non ho mai pensato di fare del male alla mia piccolina, ma ho pensato di farne a me, erano attimi, ma c'erano e non me ne vergogno. Chi piu' chi meno ci passano tutte ma in poche lo ammettono. Il ruolo della neomamma ci vuole felici a ogni costo, io non lo ero. O almeno, non fino in fondo. Se fossi stata in Italia, circondata da amici e parenti, con la possibilita' di arrivare a piedi in centro, di uscire e camminare e sentirmi viva, sarebbe stato meno difficile. Ho letto le pagine di “Una madre lo sa” della De Gregorio, mi ci sono ritrovata in pieno e sapere che il mio stato d'animo era normale mi ha dato sollievo. Ora sto bene, posso dire di avercela fatta da sola, proprio da sola, mi godo il mio grande amore che e' mia figlia e mi prendo anche spazi tutti per me. Ci sarebbe tanto da dire, credo che non se ne parli mai abbastanza. Tutte conosciamo la depressione post-parto, non so se io sono stata depressa o meno, ma so di essere stata profondamente infelice e profondamente felice allo stesso tempo, mi sono sentiva in gabbia per settimane e settimane eppure non riuscivo ad allontanarmi da lei che amavo e che amo come nessun altro al mondo. Incoerenze della maternita' :)Scusa lo spazio, tanto, che ho occupato :)valeriascrive

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  11. Invece grazie, perche' tutti i vostri commenti sono meravigliosi e veri. Credo valga per tutte, come dici tu tutte ci passano ma nessuna ne parla, deve essere una specie di buco nero che risucchia tutti i pensieri in un unico vortice. E' importante condividere, assolutamente. Se c'e' una cosa (tra le tante!) che noi donne siamo brave a fare, e ' questo. Grazie Valeria.

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  12. giusto, grazie per tutte queste testimonianze. Non credo riuscirei ad avere un figlio qui, mi conosco, divento intrattabile quando sono stanca, triste.Sicuramente cercherò di essere vicina alla mia famiglia, in Italia. Ammiro molto che ce l'ha fatta all'estero.

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  13. ma che bello leggere tutto questo, commenti e post, grazie lucy!forse faccio un po' la voce fuori dal coro qui, ma non credo di aver mai provato nulla di simile a quello di cui si parla. ricordo che la sera in cui l'abbiamo portato a casa ho pianto per tipo un'ora o due. non sapevo nemmeno io perche', non mi era mia capitato. stavo seduta in cucina e piangevo da sola, cosi' per un tempo che mi e' sembrato lunghissimo. pero' a parte quell'attimo di tristezza o scombussolamento ormonale, non sono mai stata piu' felice. dopo che mia madre e' partita, per tre o quattro mesi, fin quando sono tornata a lavorare, sono stata completamente da sola con il bimbo, senza famiglia, solo mr. j (che ci ha messo un po' a ingranare come papa') e pochi amici. un po' di stanchezza si, ma non mi ricordo di essere mai stata piu' felice nella vita. tornare al lavoro invece e' stato straziante, questo si', ma e' un altro discorso.ad ogni modo, sono convinta che la mia esperienza sarebbe completamente diversa se invece di uno 'slipino' mi fosse capitato un bambino che non dorme e strilla tutta la notte. quelle poche volte che e' successo mi sono resa conto che non dormire e' una tortura, ti trasfiguri, non riesci piu' a pensare chiaramente. e DEVI chiedere aiuto se non te lo offrono, non c'e' nulla di male.

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  14. La mia prima bambina era un angelo, dormiva e mangiava e ogni tanto andavo a vedere se stava bene, se respirava, perché dormiva così tanto da saltare i pasti.Così, pensando che ci sarebbe andata bene ancora, abbiamo fatto subito la seconda. Che non ha dormito per quattordici mesi. dopo i mesi di maternità obbligatoria sono tornata a lavorare, avevo le due ore di allattamento ma non bastava, piangevo sempre e ho cominciato a soffrire di terribili emicranie dalla mattina fino alle cinque del pomeriggio. La dottoressa, ricordo, mi diede un farmaco, ma quando chiesi consiglio a un altro medico mi disse che quel farmaco andava preso sotto strettissimo controllo, e quindi non lo presi. Dopo le vacanze estive, al mare, tornai più stanca di prima. Piangevo in continuazione, non dormivo la notte, di giorno lavoravo e mi piaceva ma ero troppo stanca.Alla fine decisi di prendere i mesi di maternità rimasti, quelli facoltativi, diluendoli due giorni alla settimana. lavoravo dal lunedì al mercoledì, giovedì e venerdì ero a casa ma con la baby sitter e quindi avevo tempo anche per me, per andare dal parrucchiere, a fare due passi da sola, a trovare un'amica. così sono rinata!e la bimba ha cominciato a dormire di piùLa terza figlia, per fortuna, dorme abbastanza…

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  15. Certo, dipende anche dal temperamento e dai ritmi biologici del bimbo. Magari sei stata fortunata, ma credo anche che dentro di te sapevi che potevi aggrapparti all'aiuto di altre persone.

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  16. Faccio ancora fatica a leggere queste cose senza sentirmi direttamente toccata. Ancora mi è incncepibile l'essere passata dalla felicità suprema del figlio voluto a tutti i costi alla depressione più nera.Sono passati quasi tre anni, ora mi sembra di essere quasi rinata pure io. Però ho visto quanto e labile il confine. Davvero incredibilmente sottile.

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