Tutte le Lucy di Roma

Il titolo e’ assolutamente fuorviante, ma se no poi si inizia coi distinguo ma a Padova… ma a Messina…

Prendo spunto da un articolo del Corriere che parla del futuro degli psicologi italiani per completare un post che ho in bozze da troppo tempo. E siccome oggi e’ l’anniversario della nascita di Rorschach, quale giorno migliore?

In tempi di crisi, si sa, certe professioni sono le prime a subire un brusco ridimensionamento. Quando una famiglia ha problemi economici non va di certo a spendere per la psicoterapia del figlio, almeno non privatamente – anche se ho sempre raccontato come i miei pazientini con qualsivoglia diagnosi improvvisamente guarissero il 15 giugno col chiudersi delle scuole, almeno a detta dei genitori, i quali ritelefonavano verso la fine di ottobre. Capite bene che lavorare a regime ridotto per tre-quattro mesi e’ un lusso che nessuno si puo’ permettere. E infatti adesso vivo a Miami, anche per i motivi spiegati da questo signore qui e da questo ragazzo qui (non volevo crederci!!).

Dicevo.

Fare lo psicologo a Roma significa combattere costantemente con la concorrenza forte e al ribasso di colleghi ed istituzioni. Dal sito dell’Ordine Psicologi Lazio:

La comunità professionale conta più di 16.000 psicologi iscritti all’Ordine del Lazio, il più grande in Italia se pensiamo che il totale nazionale è di 80.000 psicologi, in un rapporto con  la popolazione di 1 psicologo per ogni 700 italianiNel Lazio il dato si discosta da quello nazionale ed è ancora più significativo. […] Se nel 1994 avevamo uno psicologo ogni mille abitanti, oggi questo rapporto scende ad uno ogni 350. Da questi pochi dati emerge chiaramente come il numero di giovani che si avvicinano al mondo della psicologia cresca vertiginosamente. 

Uno psicologo ogni 350 abitanti solo nel Lazio, voi capite, e’ assolutamente sbilanciato. Non serviamo, siamo troppi. E infatti ovviamente il mercato non ci assorbe tutti, e’ impossibile. Per capire, in tutta l’America sono circa 93.000.

I giovani colleghi cercano di conquistare fette di mercato abbassando le tariffe; i vecchi, che sono anche i referenti istituzionali dell’Ordine regionale, siedono quasi tutti sulle comode poltrone delle Asl territoriali, svolgono professione privata oltre all’incarico pubblico e non hanno la piu’ pallida idea di quello che significhi essere uno psicologo oggi, a partita iva o a prestazione occasionale, ed il risultato e’ una realta’ professionale completamente schizofrenica.

In piu’, l’Universita’ ha delle lacune formative enormi. Parlando della mia esperienza presso La Sapienza, mi sono laureata (vecchio ordinamento, laurea quinquennale) nel 1996 e specializzata nel 2003. In dodici anni di studi ho avuto docenti quasi unanimemente iscritti alla SPI, e sempre psicoanalisi proponevano. Non ricordo un prof che andasse controcorrente e parlasse dei settemila tipi di psicoterapia esistenti. Oh, magari invece ora si studia, eh, io ero li’ nel paleozoico. Che poi iniziai la specializzazione mentre era direttrice una delle maggiori esponenti della psicoterapia familiare, Evvai, imparo altro! Macche’, tempo un anno, lei va via e arriva il classico psicanalista ortodosso.

Esci da un percorso di studi di questo tipo, che pensi di fare? Brancoli nel buio. La triennale da’ pochi strumenti e pochi sbocchi lavorativi, ma il problema in questo caso e’ culturale, visto che per esempio la selezione/gestione del personale e’ raramente appannaggio di uno psicologo del lavoro. Quindi i neo dottori fanno quello che fanno tutti gli altri: la specialistica. E poi l’esame di Stato. E poi?

La formazione per uno psicologo e’ infinita ed autoreferenziale. Perche’ tutti i neolaureati sono abbandonati a loro stessi e finiscono per fare tutti le stesse cose. Nel nostro paese la psicologia sostanzialmente e’ quella dei matti, e cosi’ gli psicologi clinici o dello sviluppo che non sanno dove sbattere la testa dopo la laurea fanno un corso in psicodiagnostica, si iscrivono all’Albo e poi alla Scuola di psicoterapia, oppure si agganciano a qualche Tribunale per le perizie.

Tutti.

Spendono soldi, tanti, investono in un futuro che non avra’ mai uno sbocco all’altezza, sempre per lo sbilanciamento di cui sopra. Figuriamoci poi se tutti i laureati hanno esattamente la stessa formazione e le stesse competenze di base.

Quanti vanno a fare gli operatori nelle case famiglia? Quanti psicologi lavorano sull’handicap, il benessere, lo sport? Quanti decidono di diventare formatori? Quanti di lavorare nelle ricerche di mercato?

Ogni volta che ho provato a parlare con un neo dottore riguardo a questa saturazione del mercato sono sempre stata guardata con sufficienza, come a dire Ma io ce la faro’. Ed e’ un po’ lo stesso sguardo che devo aver dato io, ancora matricola, al papa’ della mia amica che mi diceva Ma ndo vai, non avete nemmeno un Albo. L’Albo c’era, ma era il 1991, ed era stato istituito due anni prima, dopo la riforma della professione (che prima dava abilitazione alla professione a chiunque avesse sostenesse un esame di psicologia pur essendo astrofisico. O peggio, astrologo. Giuro) e diciamo cosi’, si era un po’ dei pionieri pieni di speranze, visto che sempre in quell’anno, il 1989, Psicologia si sganciava da Magistero e diventava una facolta’ indipendente. Poi negli anni e’ stata creata Psicologia 2 che pero’ era nello stesso edificio di Psicologia 1, ed era un bel casino. Oggi Psicologia e’ sotto Medicina, e secondo me, e’ un bene. Solo che siamo schizofrenici e sotto Medicina c’e’ anche Psicologia 2, che pero’ non e’ piu’ psicologia del lavoro, ditemi che e’ perche’ non ho mica capito.

E nel tempo tutto e’ cambiato solo in peggio. Non c’e’ stato alcun ricambio generazionale, si e’ introdotto e poi eliminato il test di ammissione e poi di nuovo introdotto ma non selettivo, si e’ eliminata la propedeuticita’ degli esami (ai miei tempi c’era il blocco tra il biennio ed il triennio, e vi assicuro che scremava tanto, tantissimo, i parcheggiati e gli infiniti fuoricorso con un esame all’anno all’attivo) ed il tanto sbandierato diritto allo studio si e’ appiattito ed annullato.

Finita la specializzazione ho continuato a lavorare ai customer services per qualche tempo finche’ sono approdata per puro caso alla Psicologia Scolastica, rispondendo ad un annuncio di lavoro. La conoscevo solo tangenzialmente, perche’ ai miei tempi non faceva parte del piano di studi di Psicologia dello Sviluppo, e l’ho imparata sul campo, perche’ mi sono appassionata immediatamente. Assunta da una societa’ scombinata ed in continuo cambiamento ma che devo onestamente ringraziare, essendo stata l’unica a darmi un lavoro senza che fossi affiliata a qualche scuola di psicoterapia.

Ho conosciuto delle belle persone, valide, con cui sono ancora in contatto. Ci pagavano un cavolo, ma lavoravamo. Avevo trentadue anni, prendevo un fisso di 500euro al mese, ma mi sembrava un traguardo preziosissimo, dopo tutti quegli anni sui libri. Me l’ero gestita male, lo ammetto, ma non avevo avuto alcuna guida.

Di tutti i giovani colleghi che negli anni ho conosciuto in quella societa’ (i tirocinanti costano pochissimo e sono volenterosissimi), solo qualcuno continua la professione. Qualcuno e’ diventato mamma e non lavora piu’, qualcuno e’ agente immobiliare, qualcuno insegnante di sostegno, altri fanno la professione privata oltre ad insegnare danza e recitare, ma tutti hanno fatto la specializzazione quadriennale per l’abilitazione alla psicoterapia. Una follia.

Tutti tranne due colleghe ed amiche molto intraprendenti, che hanno avuto fiuto. Hanno deciso di andare controcorrente e di sfatare il mito dello psicologo-psicoterapeuta. Grazie ad un tirocinio molto settoriale, svolto in un momento in cui il campo dei disturbi dell’apprendimento stava per esplodere e in una zona assolutamente priva di servizi (perche’ regola vuole che se non hai studio ai Parioli sei un pezzente, solo che se prendi studio ai Parioli diventi un pezzente senza pazienti e con un affitto d’oro da pagare),. Loro hanno aperto uno studio che si chiama Il Grillo Parlante e si trova sul litorale nord di Roma. Come mi piace sempre ricordare, la psicoterapia non e’ la panacea di tutti i mali. E soprattutto non e’ per tutti, assolutamente. Si campa anche senza, eh.

A me sembra naturale che la selezione poi la faccia il mercato del lavoro, se non viene fatta prima. Quello che trovo assurdo e’ che mai, ne’ alle scuole superiori ne’ durante il percorso di laurea, venga fatto orientamento in uscita illustrando i possibili sbocchi occupazionali. I giovani sono giustamente ottimisti e convinti che una volta laureati i contratti pioveranno. Il punto e’ che la psicologia oltre a sabotarsi internamente si scontra con ostacoli culturali e sociali, e spesso come molte professioni di aiuto viene considerata una iniziativa legata al buon cuore degli operatori, che naturalmente campano delle emozioni che sanno trasmettere.

Riusciremo – no, io no, non sono piu’ iscritta all’albo (ero Lucy!). Riusciranno gli psicologi a compiere la rivoluzione che la nostra professione merita?


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0 commenti

  1. Ahi ahi che argomento scottante, posso dire che questo tipo di approccio “ne' alle scuole superiori ne' durante il percorso di laurea, venga fatto orientamento in uscita illustrando i possibili sbocchi occupazionali” c'è per la quasi totalità degli insegnamenti, o per lo meno l'ho provato pure io sulla mia pelle studiando lingue qui in Sardegna, dove in teoria di sbocco occupazionale dovremmo averne tanto dato che ci illudiamo di campare di turismo, peccato poi che a conti fatti chi studia lingue quasi mai viene a contatto con agenzie del turismo perchè c'è poca o scarsa lungimiranza.Detto questo come sai vengo da un settore di nicchia di psicologia e anche li mi sembra di aver capito che in Italia ci si fa da se ugualmente, tranne in pochi casi tipo Trieste e Padova, ma non ne sono sicura, ed è anche peggio se si pensa che il campo della ricerca è ancora più ristretto.

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  2. Esattamente, ho scritto scuole superiori per dire che nessuno mai mette gli studenti davanti ad una statistica che dice quali siano i campi con maggiori sbocchi occupazionali.Padova e' risaputa come essere forse la migliore facolta' di Psicologia anche per la formazione clinica, ma spero di avere commenti da colleghi piu' giovani che diano magari anche altre indicazioni. Grazie Stars :*

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  3. Faccio un sospiro e ti rispondo.Prima di tutto, secondo me la professione dello psicologo non è per tutti. Ognuno poi ha le sue attitudini, c'è chi con i bambini non ci azzecca nulla, mentre che ne so, con le coppie fa miracoli.E questo già dovrebbe far capire che lo psicologo vuol dire tutto e niente e occorrerebbe ritagliarsi la propria nicchia in cui si è capaci.Alcuni colleghi che conosco lavorano tanto, ma si sbattono continuamente cercando collaborazioni, medici che gli inviano i pazienti, organizzano eventi di ogni tipo, scrivono blog, insomma il tempo speso a cercare lavoro forse supera il tempo speso a lavorare.Lavorare a partita iva sta diventando drammatico contando che per le tasse che paghiamo non abbiamo i servizi adeguati.Vado avanti?Meglio di no.

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  4. Parli di Roma, e sicuramente il mercato è saturo… Posso dire che dalle mie parti, nonostante i pregiudizi, la crisi, la mentalità popolana si lavora. Non so se sono una delle poche fortunate o se è realmente così! Di certo quando mi sono resa conto di com'era la situazione a Roma, dato che avevo studiato là e vivevo lavorando come responsabile in un asilo nido, ho mollato tutto, sono ritornata al sud, continuando specializzazione a Roma tra mille sacrifici! Io non ho mollato, ci ho creduto e sono diventata una psicoterapeuta che lavora!

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  5. ma il moltosimpatico che diceva “Ma ndo vai, non avete nemmeno un Albo” è il simpaticissimo psichiatra ?P.s. Qualcuno mi traduce esattamente Idleness? Così capisco la citazione di N. 🙂

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  6. Riguardo a quei due articoli, stamattina un amico che abita da anni in Belgio e lavora in Uk da poco ci ha chiesto: vi lamentate così tanto che non capisco se siate masochisti a restare… Specie visto che avete le competenze x costruivi una vita migliore all'estero. Inutile attendersi che l'Italia cambi, con gli abitanti che ha…” ecco me lo sto chiedendo da 8 mesi a questa parte.

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  7. :/capisco il tuo scoramento. Ancora di piu' perche' qualche mese fa quando mi scrivesti una cosa del genere ti risposi tipo Eh ma quando si e' a meta' strada non sai se farai piu' fatica ad andare avanti o a tornare indietro. La cosa terribile e' che sei ancora li'.

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  8. Esatto 😦 che poi ti vengono in mente mille ragionamenti e ripensamenti, oltre alle preoccupazioni, mah lasciamo perdere va, l'unica cosa che ci rimane è la speranza e come dico sempre a Lui approfittiamone per riposare che quando inizieremo ci sarà da sgobbare e tutto questo tempo libero non lo avremo 😉

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  9. Che desolazione! La mia figliastra si è laureata a Padova lo scorso anno alla facoltà di Psicobiologia, specialità Neuroscienze con 110 e lode e un anno in anticipo. Tutto questo le è servito solo a trovare da fare un anno di tirocinio completamente gratis al Centro di Riabilitazione del Lido di Venezia. Adesso le hanno detto: ma come? Non vuoi fare un altro anno? ( sempre gratis…). Così sta studiando per fare l'esame di stato. Sperando in qualche lavoro dove le diano almeno un rimborso spese.

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  10. è un post molto interessante. E secondo me le tue osservazioni sono valide anche per altre discipline, di sicuro potrei fare un ragionamento analogo per la fisica e il dottorato.Avendo vissuto per dei periodi all'estero mi permetto anche di fare un confronto fra italia e estero, per quel che riguarda il mondo della ricerca.In Italia, non ho mai trovato “maestri”, persone che mi spiegassero come si fa. Ho sempre dovuto “rubare il mestiere” osservando quelli bravi.All'estero no, ho trovato persone disposte al confronto, che volevano spiegarmi le cose e aiutarmi a crescere.Credo che in generale in italia manchino i bravi maestri, perché per mentalità, tendiamo a preservare il nostro orticello…quindi se ho una dritta, non la do a te, me la tengo per mio figlio/nipote…etcQuale sia la soluzione…non lo so. Non credo molto al numero chiuso, purtroppo neanche quello aiuta qui (penso a medicina, architettura)Un modello valido forse è quello visto in finlandia, dove gli studenti meritevoli avevano alloggio gratuito e un piccolo assegno mensile (non sufficiente per corprire tutte le spese). Ma non so se funzioni ancora così.

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  11. Io ho iniziato con un'iscrizione a psicologia. Per ,me lo sbarramento è stato lo spropositato numero di studenti presenti (a Toerino era il primo anno di apertura della facoltà). Non avrei mai potuto studiare in quelle condizioni per cui ho dirottato su pedagogia. I colleghi dell'epoca vedo che poi sono “finiti”tutti come me: tanti educatori, insegnanti precari, o professioni che nulla hanno a che vedere con la laurea. Temo che in Italia manchi completamente l'orientamento scolastico e anche la capacità di programmare adeguatamente le risorse. Le professioni sociali poi sono sempre viste e considerate come una sorta di passatempo ozioso per gente incapace di procurarsi una professione per bene. Ovvio quindi che pure i requisiti minimi di correttezza da parte di utenti e genitori non ci siano. Sai a me , da educatrice, mi è capitato di suonare a case vuote? “Scusaaaaaaaaaaaaaaa siamo al mare, monti, mezzacollina, a trovare la nonna, a fare la spesa quella grossa….”

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  12. Peccato sentire che in Italia psicologia sia ancora sinonimo di psicoterapia – c'e' molto di piu' in realta', ma spesso gli studenti stessi non ne sono consapevoli (una mia studentessa di inglese che frequenta il quarto anno di psicologia non ha ancora fatto nulla di statistica e sembra che abbia passato tre anni a studiare Lacan e Freud, oh my god)E sono d'accordo quando dici che legare psicologia a medicina e' un bene, perche' ci sono tanti sbocchi anche nelle neuroscienze che mi pare vengano sottovalutati. Credo che questo sia legato al fatto che la psicologia e' una facolta' con una grande maggioranza di studenti donne, e li torniamo al serpente che si morde la coda della scienza che non viene divulgata o insegnata o resa accessibile alle ragazze, fin dalla giovane eta'. E alla fine gli scienziati sono prevalentemente medici uomini, ed e' un peccato.Detto questo, pure in UK mi pare che la psicologia abbia uno status un po' ambivalente e non riconosciuto dai 'medici'. Infatti nel mio dipartimento lavoravano neuroscienziati con formazione prevalentemente medica che snobbavano gli psicologi dell'apprendimento e dello sviluppo, i quali a loro volta cercavano di rimediare al senso di inadeguateza facendo la corsa a chi metteva piu' statistica nelle proprie pubblicazioni, giusto per dire 'Anvedi, pure io so usare i numeri'. Non so se i due settori riusciranno mai davvero a parlarsi in modo interdisciplinare e produttivo, pero' sarebbe bello se fosse possibile, e creerebbe anche posti di lavoro e conoscenza in piu'…Oddio m'e' venuto un papiro oooopssss

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  13. Pero' se parli del tirocinio post lauream e' gratis per definizione. Il problema e' la proposta di rinnovo, che come sempre si intende dover essere volontariato.Ma sono certa che nella ricerca, e in Veneto, qualcosa trovera'.

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  14. Il problema principale di questo tipo di confronti sta innanzitutto nei numeri. La Finlandia ha la popolazione di Roma 😀 e ovviamente hanno un accesso differente ai contributi e ai servizi. Sul numero chiuso, e che succederebbe se a Medicina non ci fosse un test selettivo?Sui maestri mi trovi completamente d'accordo. Magari ne parlero' meglio in un altro post 🙂

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  15. Credo che la statistica venga usata per dare oggettivita' ad una scienza non esatta, che poi e' la piu' grande critica che viene mossa alla psicologia: il fatto di essere non misurabile e non scientifica la lascia nel campo delle superstizioni.

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  16. Il primo giorno in universitá ( si parla ormai del 1995, Universitá di Padova) la Prof ci disse di metterci il cuore in pace perché semmai fossimo riusciti a laurearci saremmo stati dei disoccupati. Aggiungendo che psicologia si sceglie solo se si é curiosi di conoscere l'essere umano. Se invece la si sceglie per aiutare il prossimo allora andassimo a fare la spesa alla nonnina sola che vive accanto noi, saremmo piú utili. Una botta. Con il senno di poi peró nn aveva cosi torto. Io mi ritengo abbastanza fortunata, certo bisogna fare e disfare, investire in relazioni, contatti, iniziative. E soprattutto io credo che la psicologia debba togliersi 'la polvere muffosa” del lettino da psicoanalista. Deve uscire dagli studi, credere in quello che puó fare che é molto di piú della psicoterapia. Ma se noi stessi come psicologi pensiamo che stare chiusi in studio ad aspettare che ci suonino il campanello sia il nostro destino non abbiamo capito come sta girando il mondo. Poi é vero che il business che gira intorno alla formazione di psicologi e psicoterapeuti é incredibile in Italia. Qui a bs l'università Cattolica ha aperto anche la facoltá di psicologia: non perché ci sia bisogno di laureati nel settore, ma oerché ci sono molto iscritti. Che poi faticheranno a lavorare non frega niente a nessuno!Comunque resta il fatto che io a ora mi vedo solo con questo vestito, non saprei fare altro. Il mio “problema” lavorativo é stato la gravidanza. La gioia piú grande della mia vita ha creato un terremoto professionale. Piano piano ci rialziamo. Ma che ingiustizia!!!

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  17. Verissimo!! Una gravidanza e perdi tantissimi contatti. Ma anche un anno sabbatico all'estero, una mia amica torno' in Italia e non aveva piu' un paziente, dovette ricostruire la carriera partendo dalla formazione. Come tutte le libere professioni, c''e il rischio legato alla reperibilita' dei clienti. Heh.

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  18. Purtroppo è triste constatare che le stesse cose che dici tu sul mercato saturo di psicologi sono le stesse di cui si lamentano amiche architetti, avvocati, biologi, ecc. Sembra che in Italia ci siano troppi laureati in qualsiasi campo 😦

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  19. Concordo con questo punto di vista, sai? Non ti dico che fatica per convincere studenti e genitori a NON scegliere un percorso di laurea. Non e' un titolo che da' un posto di lavoro. Al contrario, la maggior parte dei lavoratori che fanno carriera, almeno ad oggi, hanno un diploma di scuola superiore col quale trovano un lavoro e solo dopo integrano con la laurea. Ma tutti sti dottori veramente non servono. E non si trova piu' un ciabattino, signora mia 😀

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  20. Interessante, per me che conosco poco il settore. ho diverse amiche laureate in psicologia, ma effettivamente fanno altro di mestiere.Davvero stai per cancellarti dall'albo? Mi sembra sensato, ma fa un certo effetto… a me, figuriamoci a te 🙂

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  21. Condivido,quoto tutto il post in pieno! Mi sono laureata nel 2005 in Psicologia indirizzo Psicologia del lavoro e delle organizzazioni,sembrava la nuova frontiera della psicologia, non rimpiango nulla dei miei studi e di tutte le esperienze di tirocinio (e derivati vari ed eventuali) e di lavoro (sofferto, precario, intermittente, faticoso e multidisciplinare perché se sei psicologo del lavoro per avere un incarico devi saper fare almeno altre 4 o 5 cose), non posso dire che questa professione non mi piaccia e che questa materia non mi appassioni, anzi tutto il contrario. Alla soglia dei 33 anni ho fatto il grande passo meditato a lungo in più anni, mi sono iscritta ad una scuola di psicoterapia consapevole che questa non produrrà una svolta nella mia vita lavorativa (si forse è una specie di autolesionismo, lo ammetto) ma una scelta dettata dalla volontà di sentirmi più completa perchè essendomi occupata sempre di psicologia sociale, selezione e formazione sento che professionalmente mi manca una parte di conoscenze e competenze. A parte questo, con il senno di poi, avrei voluto davvero che qualcuno mi avesse detto che non c'era un serio futuro lavorativo ai tempi delle superiori o comunque in tempi utili per cambiare percorso. A chi mi chiede dico sempre che se tornassi indietro non so se lo rifarei probabilmente no. A chi mi chiede consiglio se iscriversi o meno alla facoltà di Psicologia dico onestamente che è una facoltà per ricchi che richiede un serio investimento economico, sia per il denaro speso in formazione che per il mancato guadagno in tempi brevi, e una professione con difficile spendibilità sul mercato, ho notato che generalmente la tecnica più funzionante è dire chiaramente “Guarda che ti tocca studiare come minimo tra i 6 e i 10 anni” . E' certamente vero che non è l'unica professione ad avere questi problemi in questo momento storico, il vero problema di psicologia è che gli stessi problemi, probabilmente, li aveva anche 20 25 anni fa!

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  22. Io la psicologia la conosco solo dal lato paziente e solo con medici che si occupano di bambini. Ho incontrato persone capaci ma tante assolutamente non all'altezza del compito, almeno questa è la sensazione che mi hanno lasciato. Il problema dei grandi numeri – per chi si trova a dover fare una scelta – è una confusione immensa. Ti basi sul passaparola e su mille altri fattori ma spesso non funziona lo stesso. E' banale dire “sarebbe meglio pochi ma ben motivati e preparati”, specialmente detto da me che non conosco nulla di psicologia e di medicina però vedo che nel mio settore le aziende che provano a fare troppi giochetti finiscono per essere eliminate dal mercato stesso e forse lo stesso dovrebbe capitare ai professionisti. Solo che purtroppo nelle manovre italiane spesso non è il più bravo che sopravvive.

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  23. sui numeri hai perfettamente ragione, ma per portare come esempio la Germania o gli USA dovrei documentarmi meglio.Il punto però è che secondo me il semplice numero chiuso oltre a non garantire il lavoro non garantisce la qualità. Mi spiego, superato il numero chiuso, ho l'impressione che alcuni un po' si rilassino, tanto saranno “in pochi” (che poi nemmeno è vero, basta guardare proprio ai medici che faticano tantissimo a trovare un'occupazione dopo la specializzazione). E cmq io ho una proposta che prevede l'impiego degli psicologi: ci vogliono test attitudinali, ovunque 🙂

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  24. Io insegno (precaria of course) in un'università, ex facoltà di lingue. Quest'anno ho 120 studenti. Quanti di loro troveranno mai lavoro in un ambito specifico? la mia università fa incontri con gli studenti delle superiori, ma fanno ridere. Tra gli sbocchi lavorativi propongono “ambasciatore”, per farti capire. E poi ti ritrovi ex-studentesse brillanti a fare le commesse in profumeria (con tutto il rispetto eh), con la frustrazione di aver buttato 3+2 anni della loro vita.Ci sarebbe un'altra cosa di cui parlare però: quanti scelgono un percorso di studi veramente adatto a loro? c'è ancora l'idea diffusa del “pezzo di carta” e la laurea triennale, che è in realtà un diplomino, ha amplificato questa tipologia di studenti, soprattutto in ambito umanistico. In un paio di occasioni mi sono ritrovata ragazze in lacrime all'esame, che non sapevano definire IN ITALIANO la differenza tra prosa e poesia, o che “per l'emozione” sbagliavano i congiuntivi, sempre in italiano. Immagina l'esame in lingua. Per dare un attimo di respiro mi è capitato di fare un complimento sulla bella manicure o sul trucco curato, e la risposta è stata “Me la sono fatta io, è la mia passione”. E ho dovuto ricacciare indietro quello che avrei voluto dire: ma se sei così brava con la manicure e così scarsa con gli esami, perché non fai l'estetista, che saresti più realizzata, felice, e guadagneresti pure prima e meglio? Lungi da me essere snob. è solo che non siamo tutti uguali, e le capacità delle persone andrebbero valorizzate nelle loro specificità, non incanalate in percorsi di massa spesso senza uscita.

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  25. Quanta verità nelle tue parole…qui a Roma non si fa altro che sgomitare per avere almeno l'illusione di fare il proprio mestiere. Dopo anni di studio, di investimenti che non torneranno mai del tutto indietro, credo che ci abbiano venduto favole per alimentare un mercato che va avanti grazie ad una formazione autoreferenziale. Adoro la Psicologia e ormai fa parte di me e se non fosse per le tante delusioni direi che rifarei lo stesso percorso, pur non consigliandolo a nessuno. Ad ogni modo, ho aggiustato il tiro in base alle mie esperienze ed inclinazioni e mi ritengo fortunata nel non aver confinato la mia professione alle quattro mura di uno studio di Psicoterapia. Grazie Lucy per la splendida riflessione.

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  26. Esatto, non sai quanto sono d'accordo!! Ma smontare il mito culturale della laurea-che-ti-apre-tutte-le-porte e' complicatissimo, e i genitori sono i primi responsabili di questo modo distorto di vedere la realta' lavorativa italiana.

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  27. Concordo! E sai all'epoca mi indigno' sentir dire da un'amica e collega che psicologia era una carriera per persone ricche di famiglia… io non lo ero e infatti arrancavo parecchio, anche se poi piu' o meno ce l'ho fatta, con incredibili sacrifici. Ma e' vero quello che dici, per almeno 10 anni hai bisogno della famiglia o di un marito accanto, non ce la fai a mantenerti da sola, e in definitiva se sto qui e' anche per questo motivo. Spero che troverai la quadratura del cerchio, in bocca al lupo!

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  28. […] Iniziai come psicologa scolastica con ritenuta d’acconto, mi insegnarono il lavoro sul campo, ero impegnata solo quando ero direttamente coinvolta nel progetto scolastico ed esclusivamente al mattino, ma dopo pochi mesi venni promossa. Sempre pochissimi soldi, una miseria, per lavorare full time 9-18.  Non avevo mai avuto un lavoro di ufficio prima di allora, ero li’ a volte che finivo le mie cose in poche ore (abituata a lavorare a prestazione) ed il resto del tempo aspettavo che arrivasse l’ora di andare via. Altri giorni invece avrei dovuto restare 24 ore dentro quello studio, tra terapie, gruppi, progetti da buttare giu’, proposte, perfino una delirante preparazione alla certificazione ISO. Mio padre mori’, la mia amica/collega non ottenne il rinnovo del contratto e mi propose di lavorare insieme come libere professioniste, inizio’ la nostra avventura, contemporaneamente al mio divorzio. Tornai a non avere orari fissi, ne’ ferie o malattie, di nuovo una grande liberta’ organizzativa a fronte di un guadagno prima piccolo poi progressivamente migliore ma ipertassata. Il vantaggio dell’avere una partita iva e’ l’avere la completa gestione del tuo tempo, lo svantaggio e’ che non smetti mai di lavorare, perche’ lavori tantissimo nel tuo tempo libero. Ma ero nel mio paese, sapevo come muovermi, sapevo come comunicare, sapevo tutto. […]

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