Quando pensi di sapere bene l’inglese: “What’s up, gal?”

Ieri sera stavo cercando delle bustine per chiudere le Valentine per la classe di Picci – a proposito, capita anche a voi di comprare l’occorrente perfetto un mese prima, dimenticarvene, e cercare una sostituzione alla buona all’ultimo momento? – e mi ritrovo tra le mani tre cartoline, bianche, che dicevano “la tua gentilezza verra’ ricordata per sempre“.

Ho fatto un po’ fatica a ricordare per quale occasione potessi averle comprate. Quella frase e’ tipica delle cartoline che si mandano dopo aver vissuto un lutto per ringraziare chi ha mandato le condoglianze o ha partecipato al funerale.

E noi non abbiamo perso nessuno – per fortuna.

Poi ho realizzato. Ho realizzato che sono arrivata qui pensando di sapere bene – diciamo, piuttosto bene – l’inglese, ma che invece ovviamente non ero pronta a nessuna delle forme colloquiali, informali, ai vari modi di dire che ci sono qui.

Ho comprato quelle cartoline pochi mesi dopo essermi trasferita a Miami, per ringraziare chiunque ci avesse fatto un regalo per il baby shower.

Come si dice che figuraccia, in inglese?

Per non parlare, lo avevo gia’ raccontato, di come restavo con le parole appese in bocca quando incontravo qualcuno in ascensore. Qui le persone sono sempre gioviali e pronte allo small talk, e al termine salutano con entusiasmo augurando qualcosa di piacevole. E io, che dopo qualche settimana mi ero perfettamente preparata a rispondere You too!, o la ben piu’ difficile Same to you! (si intende a: Have a great day), restavo spiazzata ogni volta che invece dicevano, che ne so, Ciao, e’ stato un gran piacere parlare con te! Oppure Ah tua figlia e’ troppo simpatica, divertitevi oggi!, o qualsiasi variante nei loro modi stragentili.

Ma la peggio

E allora ho ricordato di un’altra figuraccia che ho fatto sempre a causa della nuova cultura, sempre in quello stesso periodo, sempre quando ero incinta ed ero qui da 6-7 mesi, sempre perche’ pensavo di sapere l’inglese.

Al College veniamo suddivisi in gruppi per lavorare ad un progetto, quelle simpatiche cose che servono a socializzare – eccerto. Era una classe congiunta EAP e regular College, il che significa poracci arrivati da qualunque parte del mondo da meno di un anno (va be, qualcuno era qui da 30 anni ma ancora non parlava inglese) e normalissimi 18enni cresciuti a Miami al primo ingresso in universita’. Il nostro gruppo si suddivide le cose da fare e inizia a lavorare autonomamente.

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Non ricordo piu’ purtroppo i dettagli, fatto sta che tra noi scappati de casa comincia a girare del malcontento, come se stessimo vivendo un’ingiustizia riguardo qualcosa che noi pensavamo non dovessimo fare. La paladina de noantri si fa portavoce del gruppo e, ovviamente per evitare di parlare, non chiama ma manda un messaggio al miamense. Il quale, come tipico degli americani, chiama per chiarire.

“What’s up, gal?”

Gal???

Diosolosa cosa quel gal, e gli ormoni, mi abbiano scatenato nella capoccia. Una quarantenne che si fa dare della gal da uno sbarbatello? Ma ti pare?? Ma come si permette? E poi gia’ dovevo cantargliene quattro perche’ stavano cercando di fregarci, a noi immigrati paranoici, gal proprio non ci stava bene!! Insomma, non gli ho fatto una piazzata perche’ non ne avevo la capacita’ dialettica, ma gli ho parlato molto seccamente e gli ho detto che eravamo davvero risentiti, noi strani stranieri.

Non credo mi abbia capita. In realta’ spero proprio che non avesse capito cosa stessi dicendo nel mio inglese demmer, improvvisato a causa della telefonata inaspettata, ma nonostante tutto mi ha rassicurata come si fa con i pazzi. Fu davvero carino e ricordo ancora la sensazione di totale inadeguatezza. Ovviamente cosa volesse dire gal l’ho scoperto solo dopo del tempo.

Significa ragazza.

Buon San Valentino a tutti! Raccontatemi le vostre figuracce alle prese con la nuova cultura!


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