Psicologia positiva

La classe di psicologia e’ una palla mortale, lasciatemelo dire. Sto giovincello non sa cosa siano il coinvolgimento del gruppo e la comunicazione. Proietta le sue belle slide, parla con tono monocorde, aspetta che copiamo, e poi all’improvviso Questions!!, proprio cosi’, non col punto interrogativo. E infatti nessuno chiede niente. Due palle, dottore, due palle!!

(impossibile trovare questa dotta citazione su Youtube, mannaggiaiggiovini,
andatevi a vedere Caruso Pascoski!)

Dicevo. Pero’ il libro e’ figo. Il corso, obbligatorio per tutte le lauree, e sappiamo di quanto ce ne sarebbe bisogno anche da noi, si chiama Psychology of Personal Effectiveness. In sostanza, ti aiutano a vedere che se pensi di essere uno sfigato che non sa relazionarsi agli altri, per esempio, non solo sei in ottima compagnia, ma ti suggeriscono soluzioni per ovviare a questo problema, costruire un’immagine di te piu’ efficace e soprattutto, far si’ che questo possa esserti utile nella vita privata e nel lavoro.

Lu ed io lo sappiamo bene!

Quello che qui non si trova, vivalamerica, e’ il determinismo psicoanalitico, quello per cui Sei un misogino perche’ tua madre ti negava la tetta. No, vivaddio qui non amano troppo guardarsi indietro, sono molto pratici e soprattutto pensano che in qualsiasi momento, essendo l’uomo un individuo in continua trasformazione, si possa imparare dai propri errori di valutazione e reazione, e agire nel migliore dei modi. C’e’ un po’ di psicologia comportamentale, un po’ di quella cognitivista, e’ la positive psychology, insomma, e non c’e’ la dottrina europea. Che per una che ha passato anni tra posizioni schizoparanoide e depressiva dei neonati sani, mi capirete, c’e’ tanto bisogno di leggerezza. E dire che comunque questa attitudine al positivismo gia’ mi apparteneva come psicoterapeuta.

Ora io sono tentatissima di scrivere un post per ogni capitolo che stiamo studiando, perche’ la cosa figa di questa psicologia divulgativa e’ che ognuno di noi puo’ trovare risvolti inerenti alla propria vita quotidiana. E lo so che molti, come quando scrissi quel post chiamato The Secret, pensano che siano tutte cavolate, ma non e’ cosi’. La mente e’ uno strumento potentissimo, e solo noi possiamo determinare la riuscita in positivo o in negativo della nostra vita. Se falliamo, se siamo arrabbiati con i nostri genitori non amorevoli, se non usciamo dal buco nero in cui ci troviamo da anni, non non si puo’ incolpare nessun altro che noi stessi, soprattutto se i venti anni sono belli che passati. Riconosco che la positive psychology condivide un pericolosissimo confine con la new age e la ciarlataneria, ma a mio parere e’ la migliore via per una psicologia del benessere che voglia definirsi davvero divulgativa. Leggo qui la migliore definizione:

Positive Psychology is the scientific study of the strengths and virtues that enable individuals and communities to thrive. The field is founded on the belief that people want to lead meaningful and fulfilling lives, to cultivate what is best within themselves, and to enhance their experiences of love, work, and play.

Facciamo sempre il conto del misogino con la tetta mancata. Sei incazzato col mondo, e vabbe’. Hai trent’anni. Che vogliamo fa’, sta’ incazzati tutta la vita e farla pagare a tutte le donne che ti passeranno davanti agli occhi? No, cerchiamo di trasformare queste emozioni negative in qualcosa di positivo. Un banale meccanismo, chiamato De la volpe e l’uva, sarebbe quello di dire Ah ma il latte era cattivo, o La tetta era floscia. Ma noi siamo sofisticati, vero? Non ci lamentiamo e sappiamo fare di piu’.

I sentimenti riguardo al passato sono determinati dalla natura dei ricordi, i quali a loro volta dipendono dalla interpretazione degli eventi. Dal momento che e’ impossibile modificare il passato, la soluzione e’ trovare un modo di modificare quelle interpretazioni affinche’ possano nascere soddisfazione ed un senso di gratitudine“.

Haivoglia ad essere grati ad una mamma che non ci ha nutriti, chi vorrebbe?

“Ci sono tre modi per muovere i sentimenti rivolti al passato verso un maggiore appagamento. Il primo consiste nell’abbandonare il paradigma secondo cui il tuo passato, in particolar modo l’infanzia, determini il tuo futuro” (cit. eroLucy, vedi sopra).

The choice is yours. You have the choice over whether you allow a troubled past to define you or to strengthen you (Abascal e Brucato, p. 73). Si’ si’, a te, quante volte te l’ho detto? 🙂 Vuoi restare prigioniero di un passato negativo, che ti ha ferito, cornuto e mazziato? Vuoi continuare a lamentarti, intossicando te stesso e gli altri intorno a te? La scelta e’ tua.

“La seconda e la terza strategia per incrementare la felicita’ riguardo al passato includono uno sforzo proattivo di sperimentare gratitudine e perdono. La gratitudine serve a rinforzare il tuo apprezzamento per il passato ed il presente, mentre il perdono di da’ il potere di lasciare andare l’amarezza e apre alla possibilita’ di riscrivere la tua storia”.

Non e’ che ci vogliano due minuti, eh. Quando il caro estinto mi ha lasciata, ero incazzata abbestia. La psicologa era stata lasciata e non aveva capito cosa le stava succedendo sotto al naso, poverina. Ed ero depressa, pensavo che nessuno mi avrebbe piu’ voluta, che tutti avrebbero notato l’assenza della fede al mio dito, che sarebbe stato difficilissimo ricominciare a respirare. Ho avuto un episodio di depersonalizzazione che mi ha spaventata tantissimo, mi sono vista fuori da me stessa. E un’altra volta ero talmente assorta nei miei pensieri neri ossessivi che stavo finendo fuori strada e me ne sono accorta ad un centimetro dal guard rail della Cassia Bis. E sono stata incazzata con l’ex per un sacco di tempo, sfiduciata verso il genere maschile, lo sa My cosa gli ho fatto patire i primi mesi e quante volte l’ho messo alla prova. E comunque lui e’ arrivato un anno dopo la separazione. Un anno durante il quale non sono tornata a vivere con i miei ma ho preso casa da sola, con mutuo. Mi sono iscritta in piscina e ci andavo ventotto volte a settimana. Ho conosciuto persone nuove, giacche’ i vecchi amici si erano un pochetto eclissati. A volte con loro facevo cose che mai avrei fatto se fossi stata sola, tipo andare alle sagre, alle pozze (le piscine sulfuree) di notte sapendo di poter dormire tre ore, andare a Vallelunga a vedere le corse di moto. Tutte e tre cose che facevo con la stessa persona, una pazza iperattiva istruttrice della piscina di Campagnano che mi manca un sacco e che non riesco piu’ a rintracciare per poterle dire grazie. Perche’ sforzandomi di fare quelle cose che non mi andava di fare, poi mi divertivo un sacco. Mi tenevo impegnata, lavoravo, stavo in mezzo alle persone, facevo shopping con Lu, avevo pure un trombamico cretino, insomma, i mesi passavano.

Ma ho lavorato anche su di me. Piano piano ho iniziato a pensare che se non mi fossi aperta al mondo, e non avessi iniziato a frequentare persone diverse, non avrei conosciuto meglio Cupido, una collega con la quale iniziammo delle piccole infruttuose collaborazioni scolastiche, ma grazie a questa nuova amicizia lei decise di invitarmi al suo matrimonio, dove appunto conobbi My, e il resto lo sapete.

I sentimenti negativi pero’ mi tennero compagnia ancora qualche tempo, finche’ un giorno improvvisamente ebbi un insight e reinterpretai un fatto che era accaduto anni prima e sentii la rabbia svanire, finalmente.

Ma fu un’altra la cosa che davvero mi aiuto’, sempre in quel periodo: riuscire a perdonarmi. Ed avvenne del tutto casualmente.

Ero sul letto a leggere, e improvvisamente mi venne in mente una scena, del caro estinto che tutte le sere messaggiava a rotta di collo. A chi scrivi? Al mio amico per andare a pesca.
E ci stava, perche’ poi a pesca ci andava davvero.
Ma col cacchio!, ho realizzato quel giorno di non so quanti anni dopo. Quello scriveva alla tipa, a quella che stava per sposarsi e con cui aveva una storia da chissa’ quanto. E sono scoppiata a piangere, per aver finalmente fatto luce sul passato, e per essermi liberata di un peso enorme, perche’ non avrei davvero potuto capire. Non e’ che era sfuggito qualcosa a me, e’ che lui era stato proprio bravo a mentirmi. E ne’ avrei potuto fare qualcosa, io, la donna che risolve sempre tutto. Semplicemente era quello che LUI aveva deciso per NOI, punto.

Gli altri non si possono cambiare. Noi si, pero’.

Ho vissuto meglio da allora, ve lo assicuro, dopo aver realizzato di essere una persona. Le persone sbagliano. Valutano male, o semplicemente si fidano: corrono un rischio.

Certo che la presenza di My, anche se oltreoceano, mi dava forza, ma fondamentalmente sono riuscita a liberare il mio passato dal veleno. Ora so che avevo scelto male, capita; che si’, effettivamente lui non mi amava quanto lo amavo io, e che tutto era il frutto di un grande equivoco di base, di due bisogni diversi che mai avrebbero potuto incontrarsi. E soprattutto realizzai che tutta quella sofferenza mi stava portando da qualche parte, visto che l’uomo di cui mi ero innamorata si era appena trasferito dall’altra parte del mondo. La scelta spettava a me, e scelsi.

Mi piacerebbe sapere chi altri, oltre a Pezzo di Cuore e Marzia, ha saputo fare tesoro delle sue esperienze negative passate. Perdonare non vuol dire dimenticare, ma rielaborare. A volte possono servire delle strategie. Chiedevo ad esempio ai miei pazienti, Ok, stai di melma, ma ci sono delle cose positive che salveresti di quella situazione? Ok, ti detesti come persona, ma dammi tre aggettivi positivi. L’attitudine a voler star meglio si puo’ apprendere. Certo, un po’ dipende dalla propria biochimica e dalla genetica, ma a volte questi sono considerati alibi. La motivazione e’ alla base della riuscita, anche nella ricerca della felicita’.


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62 commenti

  1. Il post è bellissimo, utilissimo, pervaso da ottimismo estremo. Chapeau. Non ho cuore di rispondere a toni “scettici” (ma non è la parola giusta), però una cosina la dico. SOno stradaccordo che la serenità è un percorso, per alcuni più arduo che per altri. Per alcun non è solo questione di cambiare 'atteggiamento', ma la struttura portante. Non ci sono solo eventi tristi o vere e proprie tragedie che ci succedono un giorno x nella vita, ci sono anche situazioni non-sane che plasmano quella struttura fin da piccolissimi. E non parlo di “Sei un misogino perche' tua madre ti negava la tetta”.Se scriverai un post per ogni capitolo sarà super welcome! interesantissimo, utilissimo e bellissimo. MI piace molto leggerti.

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  2. Quanta verità! Io nel mio piccolo sono riuscita ad un certo punto della vita a capire che se perdevo tempo e soffrivo sempre con lo stesso tipo di uomo vigliacco e inconcludente era colpa mia e dovevo essere sincera e mettere subito le carte in tavola invece di fare la crocerossina. La prima sera che sono uscita col mio futuro marito gli ho detto senza tanti giri di parole:”io voglio sposarmi e avere almeno un figlio”, “Ok” mi ha risposto. E così è stato.

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  3. Mentre leggevo il post avevo i brividi perché stavi raccontando una buona fetta del mio percorso. Per me è stato fondamentale affrontare la rabbia, dopo anni passati a gestire genitori ingombranti mi ritrovavo con un figlio ancora più complicato … pensavo fosse un accanimento eccessivo del destino. Ci ho messo anni a capire che in realtà mi si presentava l’occasione imperdibile di venire a patti col passato e iniziare a vivere al 100%, insomma c’era ancora una grande lezione da imparare. Prima ho combattuto i sensi di colpa, poi mi sono costretta (perché all’inizio mica viene facile!) a vedere ogni giorno un aspetto positivo, poi è arrivata la gratitudine e infine il perdono. Ci sono arrivata per caso, anche leggendo libri che non avevano apparentemente nulla a che fare con la psicologia ma oggi grazie a te metto un nuovo utilissimo tassello. Vorrei davvero che la positive psychology fosse inserita nelle nostre scuole fin dall’infanzia, sai che risparmio di emozioni negative da adulti! Io ne parlo spesso con Alex e vedo che lui apprezza, ogni tanto quando mi vede arrabbiata per qualche sua marachella mi dice “dai, pensa positivo!” … è un assoluto paraculo, me ne rendo conto :D!

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  4. anch'i ho imparato a seguirti proprio quando scrivevi di psicologia che per me è e resta un modo di approcciarsi ai problemi quoti diani estremamente affascinante , qui d lo farò … non posso promettere per sempre, ma ogni volta che mi sarà possibile grazie infinite anche per l'ironia :-))

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  5. Io tutta sta fiducia alla Psicologia del Positivo, non glie la riesco a dare…anzi, mi pare veramente ma veramente riduttivo.Però tra quello che hai detto una cosa l'apprezzo davvero, l'approccio finalistico anzichè causalistico. Ci sono alcune personalità fossilizzate sul trauma, causa e scusa della loro immobilità psichica. Ho imparato con l'approccio archetipico Hillmaniano, che non è necessario sviscerare le sofferenze e cercare il colpevole, bensì è molto più vivifico individuarne il fine (che non è sempre la ricerca della mera felicità): ovvero l'individuazione psichica, riuscire ad essere quello che sono e riuscire ad accettarlo, a comprenderlo ad usarlo.

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  6. Oh yes! La mente è superiore provare per credere ;)Non lo dico così per dire, ma ci credo davvero. Io in genere sono sempre positiva, ma capitano sai quei momenti in cui ti sembra che andrà tutto male, che non ce la farai mai, che tutto ti sembra insormontabile e non sai che fare. Quando stavo aspettando Deddè, proprio negli istanti del travaglio, mi era venuta una fifa unica, tant'è che pure il travaglio si era fermato, due giorni bloccata. Quando la mia mente ha capito che ce l'avrei fatta, anche se tutto mi sembrava nero nerissimo, anche il corpo si è sbloccato. Non riesco a renderlo a parole, perchè è davvero difficile, ma davvero il pensiero aiuta il corpo, davvero se la tua mente è positiva tutto il resto andrà bene o per lo meno ti sembrerà che andrà bene, affronterai tutto con più leggerezza e positività. Questo post sembra una risposta a un post che ho letto da poco su un blog famoso (da chi non crede che la mente sia superiore al corpo) :)Grazie, si facci il resoconto delle lezioni, le adoro. Se c'è una cosa che mi manca del vecchio lavoro è questo! E per questo che ogni tanto ci penso, torno indietro per un istante a quel barbuto ma poi mi viene in mente il perchè l'ho lasciato e vado avanti.

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  7. Che bel post, Lucy.Nella mia vita ho sperimentato tante volte che lasciare andare la rabbia ed accogliere la gratitudine ed il perdono (spesso l'autoperdono) è la chiave di svolta. Per me è venuto sempre naturale, come se ce l'avessi “intrinseco” nella mia visione -nel mio sentire- delle cose, e non dico che con questo la vita sia una discesa o che non si soffra, ma forse avere questa attitudine apre per lo meno tante vie. Diciamo che si soffre intensamente sapendo il perché e i come…e si vede già nella sofferenza dove andare.(Scusa la maniera pedestre di esprimermi, non conosco eventuali termini tecnici per queste cose ;)).Ho avuto (ed ho) invece amiche che hanno dovuto farci i conti con l'incapacità di perdonarsi e di rielaborare. E soffrono “ciecamente”. Qualcuna n'è venuta fuori, qualcuna no. Ed è proprio a quella persona (attualmente in cura da una psicologa) che oggi giro il tuo post, sperando che le smuova ancora qualche cosina. Perché ci vuole tanta forza a fare quello che dici, e tanta coscienza di sé che non sempre si possiede. Ma quando poi si riesce è meraviglioso.Baci.

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  8. Lucy, grazie per questo post. E' bellissimo! :-)nel mio piccolo ci sto ancora lavorando su…ma credo proprio che il capitombolo fatto più di un anno fa, mi abbia aiutato a scansare un fosso che però si presentava molto molto bene… :DPerò ci sono ampi margini di miglioramento!e aspetto un post per ogni capitolo che stai studiando! ti prego ti prego ti prego!!!!

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  9. Io non so perdonare e soprattutto non so perdonarmi. Credo. Perchè in realtà non mi fermo (più) a pensarci ma mi faccio prendere e trasportare da necessità, impegni e doveri che dovrei ridimensionare. Ecco, evito. Convicendomi che ho delle cose più importanti da fare. Forse non sono pronta. E non lo sarò. Però non ho rabbia o rancore verso alcune persone ma più che altro non riesco ad accettare il fatto di aver lasciato andare, fatto passare certe cose senza chiarire, senza “pretendere” quelle spiegazioni che ancora sento di aver diritto di avere. Va bene che “chi non ti vuole non ti merita” ma io ho sempre bisogno di capire “perchè”.

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  10. Grazie Squa. Io non ho esperienza per parlare di quello a cui accenni, ma aspettavo questa obiezione per dire che ci sono blogger che hanno attraversato tragedie dalle quali sono riemerse proprio grazie a questo atteggiamento. E spero vogliano magari linkarsi.

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  11. Eh si, questo post sembra parlare a tutte noi, brava Lucy!Io mi perndo la parte che dice che la motivazione puo' fare molto nonostante la biochimica e la genetica, e tu giassai.Certo che se il corso e' su come migliorare la propria efficacia anche al lavoro, devo dire che hanno scelto proprio l'insegnante giusto O_o

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  12. Eeeeh lo so che I colleghi italiani schifano un po' questo approccio. Ma la psicologia divulgativa e' questo, no? Sono del parere che uno dei motivo per cui in Italia c'e' diffidenza verso la disciplina e' anche l'atteggiamento di molti psicologi verso la cultura popolare.E secondo me Mad, tu fraintendi il significato di felicita'. Vogliamo negare che la serenita' interiore e' un bisogno?

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  13. A chi lo dici. Ma l'ho scritto nel post, a volte il perche' non c'e', oppure e' talmente macroscopico che non lo prendiamo in considerazione. Il mio ex marito non voleva me, punto. Non possiamo controllare sempre tutto, bisogna arrendersi all'evidenza.Non so se hai notato la contraddizione nel tuo commento, dove prima dici che eviti e poi che non accetti di avere evitato 🙂

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  14. chiedo scusa se non leggo tutti i commenti ma ora me ne manca il tempo, ma mi preme dire la mia.E ti ringrazio della possibilità.Ho avuto un'infanzia mediamente felice, dove non sono ahimè mancati, chiamiamoli così, elementi di disturbo a quella che dovrebbe essere l'età più spensierata e felice.Ci sono state brutte cose, senz'altro nel mondo ve ne sono di peggiori, ma senz'altro c'è chi ha vissuto meglio.Poco importa.Lasciando perdere i tormenti della pubertà e lo spleen del liceo, che tutti ne abbiamo diritto!…, devo dire che, raggiunta l'età adulta ( i vent'anni poco più, ventitré per me, quando sono andata a vivere con le amiche con il mio contratto a progetto da un euro all'ora e le tasche colme di motivazione), dicevo…diventata adulta ho sempre pensato che tutto sommato potevo essere più che fiera di me.Potevo perdermi per strada, non l'ho fatto.Potevo recidere ponti, troncare relazioni, chiudere tutto nel dimenticatoio e buttare la chiave nel mare del rancore e andarmene a ramingo per il mondo, credendo così di aver risolto il tutto ed essermi guadagnata il mio riscatto.Non l'ho fatto.Sono rimasta, non mi sono mai negata, ho cercato di comprendere, e anche giustificare, perché alla soglia dei trent'anni molte cose, vivadio, le vedi in maniera assai più completa, variegata e ricca di sfumature che a 15.Ora, sono felice.Davvero.Di una felicità banale, se vogliamo.Ma concreta.Non ho rimorsi, non ho sensi di colpa, non recrimino e non accuso.Certo, alcune cose avrei voluto che si sistemassero diversamente, invece che vederle trascinate e strascicate così per inerzia.Ma se spesso mi sono trafitta di sensi di colpa e di “potevo e avrei dovuto”, ora non ne ho proprio più tempo. E comunque, ormai mi è chiaro, non potevo, no, salvare io tutto e tutti.E ora sono troppo impegnata a vivere questa mia piccola vita e a contemplare tutto il bello che c'è.Grazie.

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  15. Adoro quel cartello!!! :-DPer il resto bello sentirti cosí carica, nonostante il prof ;)Invece a proposito di ex… Il mio exmarito (che me ne mise piú del tuo caro estinto) mi ha appena fatto sapere tramite sua madre che vuole parlarmi. E dopo nn so piú quanti anni che non ci sentiamo, ora che vorrà?? 😉

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  16. Ahgosh :O ti leggevo sulla notifica e pensavo fossi mia sorella, corrispondeva tutto fino Anni che non ci sentiamo 😀 Non sapevo avessi un caro estinto anche tu! Divorziare? Beh mi fai sapere quanto meno 😀

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  17. Ma grazie a te Shaula, e' un commento stra stra bello!! E hai assoluta ragione su quello che si chiama il persecutore interiore, dei Dovrei e Avrei dovuto, che avvelena l'anima. Lasciamo andare I rimorsi, non servono a niente, il passato non si cambia e nemmeno gli altri. Ti abbraccio.

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  18. che bello questo post. Fa respirare aria buona. Io questa trasformazione del tirare la testa fuori dalla melma del passato ce l'ho tutta addosso, perchè ci sto passando attraverso proprio adesso. Ma vedo la luce alla fine del tunnel, e a sto giro non è il treno :DComunque non è un caso che avevo letto “L'attitudine a voler star meglio si puo' apprendere. Certo, un po' dipende dalla propria biochimica e dalla CARTA IGIENICA.” come metafora suona benissimo!!!! :*

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  19. Shaula :*Parli di tutt altro nel tuo meraviglioso blog. Eppure l'ho come riconosciuto. Penso di capire e sentire quel che dici, anche se molto probabilmente la storia non sarà la stessa. Non sono ancora arrivata a quella pace, ma leggerti mi da speranza di arrivarci. Che bello 🙂

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  20. Allora tu sei “tentatissima di scrivere un post per ogni capitolo che state studiando” e io sono tentatissima di leggere ogni post che scriverai sui capitoli che state studiando: mi sembra che i nostri desideri possano incontrarsi a metà strada! =)Grazie per questo post… direi, illuminante sotto molti punti di vista!

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