Scarpe strette

Mi trovo a soffrire sempre meno la mia bella città. Non so se mi sto portando avanti col complesso dell’emigrante, ma davvero comincio a notare solo tutto ciò che non va. E credo che non aiuti il mio atteggiamento un pò da maestrina, sempre col dito puntato… Ma non è possibile vivere in una metropoli di queste dimensioni, paragonata a San Paolo del Brasile, e non credo che il confronto sia così lusinghiero. Una città così smisuratamente grande è inevitabile che sfugga al controllo.

E’ disgustoso dover fare 90 km per andare e tornare dall’altro capo della città. E’ ridicolo decidere di stare a casa quando viene indetto uno sciopero per timore di restare imbottigliati per ore e doversi dichiarare ostaggio della città. Genera impotenza vedere sporcizia, soprusi, indifferenza, senza che nessuno intervenga perché obiettivamente non ci sono le risorse necessarie per poter gestire in modo appropriato la Capitale. Il centro storico più grande del mondo, che quando dicono che Testaccio è in centro storico mi viene da ridere: e Garbatella allora? E’ lì! E san Paolo? E il Torrino? E Vitinia??? No, passato il Raccordo è estrema periferia. Quindi si passa dal centro all’estrema periferia, senza soluzioni di continuità.

Fortunatamente mi accade davvero raramente di recarmi in centro, dal momento che dieci anni fa, abitando a breve distanza dal Vaticano, nell’anno del Giubileo, abbiamo deciso di trasferirci. Certo, ognuno in un luogo diverso, ma tutto era ormai diventato insopportabile. Cercare parcheggio per ore ogni giorno dell’anno, respirare lo smog e la prepotenza dei torpedoni, senza considerare i costi che la residenza dorata stava assumendo. Non mi sono mai pentita della scelta: quello che davvero mi è mancato, in questi anni, è stato solo il privilegio di poter godere le meraviglie della città, le belle chiese, l’architettura rinascimentale, il confondersi con i turisti dall’aria spensierata e gli occhi sgranati sui monumenti. Ora per farlo devo prendermi mezza giornata libera.

Negli ultimi mesi invece ho cominciato a pagare il conto emotivo di una nazione vecchia, immobile, stantia, nella quale un lavoro come il mio, per quanto meraviglioso e da me quotidianamente difeso con le unghie e con i denti, è considerato meno di zero o in alternativa un lusso. E’ vero che a tutta questa insofferenza contribuisce la prospettiva di raggiungere il mio promesso, ma mi sembra sempre più di vivere dentro un paio di scarpe strette, acquistate perché belle e convenienti, ma inevitabilmente scomode. Arriva il momento in cui ti arrendi all’evidenza e le butti via. O le vendi.


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0 commenti

  1. Non avevo mai letto questo post.
    Io non potrei mai vivere in città, ne soffrirei, il rumore, il caos, la gente. Tutto troppo per me. È vero che vivo in una realtà completamente opposta, dove non è stato semplice abituarsi: silenzio assoluto, isolamento totale, mancanza di persone. Se potessi scegliere, sceglierei una via di mezzo, ma credo che dove vivo ora, nonostante tutto, sia più vicino al paradiso.

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    • Nel quartiere che descrivo ci ho vissuto fino ai ventotto anni, poi ho scelto la campagna alle porte di Roma, un po’ per caso, un po’ per necessita’ economica, ma non mi mancava affatto quel caos.

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  2. Come capisco questo post!
    Mancano all’incirca due mesi alla mia partenza per gli States – sempre sperando che tutto vada bene – e la mia intolleranza verso l’Italia sta aumentando in maniera esponenziale. La mentalità, la gente, lo schifo che c’è in giro. Probabilmente, da quando sei partita, la situazione è anche peggiorata. Tra parentesi, ho vissuto a Roma per quasi tre anni, senz’auto, quindi ti capisco molto bene anche nello specifico.
    Continuo a seguirti con molto interesse.
    A presto!

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  3. Il complesso dell’emigrante. Interessante. Allora non è una prerogativa mia. Cominciare a notare di più tutti i problemi della situazione che si vuole lasciare. Immaginare di andarsene sbattendo la porta.
    Perché se fino a quel momento in quella situazione dovevi viverci, farci i conti, andando via da un lato vuoi liberarti di questi problemi, dall’altro temi i rimpianti e “alzi la guardia” per difenderti dal possibile pentimento.
    È stato così anche per te? E oggi, riguardando questo post quali sono i sentimenti?

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