La vita oltre Facebook

Provero’ a concludere la questione accennata qui nei commenti, sul fatto di quanto serva una lavata di capo fatta bene. E in realta’ di questa faccenda ne avevo accennato anche in questo post sconclusionato, che a rileggermi mica lo so che volevo di’,
Un sacco di persone adulte cascano dal pero quando si rendono conto che da un loro post pieno di insulti e con nomi e cognomi degli interessati arriva una denuncia o una diffida a rimuoverlo. Un sacco di gente adulta non si rende minimamente conto del livello di amplificazione che ha la rete.
Figuriamoci un adolescente.
Qualche anno fa una seconda media aveva in classe un ragazzino molto complicato. Molto. Senza alcun senso del limite, aggressivo verso i compagni e verso gli adulti, tanto che un giorno nel tentativo di difendere un compagno con cui stava iniziando una rissa, per contenterlo mi sono beccata un par di pugni anche io. I dodicenni si comportano come sanno fare, e quindi mentre in classe aderivano alle richieste dei professori di essere tolleranti e di accogliere questo difficile compagno, una volta suonata la campanella lo lasciavano un po’ al suo destino. Mica gli si poteva dar torto, anche perche’ piu’ di una ragazzina aveva beccato calci nella schiena, violenti, e insomma, mica te lo vai a cercare pure al pomeriggio uno cosi’. Un giorno tre o quattro di loro, riuniti a casa, decidono di creare un gruppo anticompagno, chiamato tipo Per chi odia il tal compagno. Invitano i compagni di classe, tutti aderiscono, tranne una. E iniziano a volare insulti e piani di annientamento psicologico.
Questa qui, ragazzina molto bella e molto intelligente, ne parla con sua mamma e insieme decidono che questo gruppo andava chiuso perche’ contrario alla politica di Facebook. Che infatti cita nello statuto il divieto di creare gruppi contro. Lo segnalano, poi in qualche modo questa cosa del gruppo arriva ai professori, ora non ricordo se raccontato proprio dalla mamma di questa ragazzina, ma comunque i professori si mettono in allarme, pensando, giustamente, che un atteggiamento del genere avrebbe compromesso definitivamente i rapporti all’interno della classe. Vista la malaparata in poche ore tutti i ragazzini si cancellano dal gruppo e rimane solo il creatore, che diventa, ovviamente, il capro espiatorio. Tra parentesi, la ragazzina bella e intelligente conosceva il compagno da anni, lui era segretamente (?) innamorato di lei ma nonostante questo lei era una delle tre che si era beccata i calci nella schiena. Eppure, sapeva che lui aveva delle difficolta’ comportamentali. Nonostante i suoi dodici anni aveva capito che bisognava andargli incontro e non contrastarlo. I genitori avevano ben lavorato sull’empatia, sentimento che si sviluppa intorno agli 11-12 anni, ma lei era gia’ un bel pezzo avanti.
Insomma, mi chiamano e mi chiedono cosa possa fare. Vado in classe e improvviso. Il ragazzino era assente, veniva bene.
Prima faccio un po’ un pippone sul bullismo, sul fatto che in questo fenomeno accade sempre che uno e’ il carnefice, uno la vittima, ma decine sono gli spettatori interti, che si rendono colpevoli esattamente quanto il carnefice per non essere intervenuti, per omerta’, disinteresse o paura. Insomma, uno crea il gruppo ma tutti quelli che ne fanno parte contribuiscono alla ferocia.

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Poi prendo il gesso e chiedo, Avete tutti facebook, no? Ovviamente si’.
Disegno alla lavagna un tondo che rappresenta il gruppo da loro fondato. Intorno al cerchio disegno quindici altri cerchietti, che rappresentavano i compagni aderenti al gruppo. Poi, spiego, ogni post che loro mettono (ovviamente non in un gruppo segreto, ma ero enfatica e facevo scena) risulta visibile ad ogni amico che ciascuno dei quindici ha in bacheca. E disegno cinque trattini e cinque pallini corrispondenti a ciascun cerchietto rappresentante i membri del gruppo. E poi continuo, altri trattini e altri pallini, sempre piu’ piccoli, e la lavagna e’ piena.
Mi volto e loro sono ammutoliti e a bocca aperta. La rappresentazione grafica di come quello che ad un adolescente sembra finisca dietro la propria schiena in realta’ ha delle conseguenze che sfuggono al suo controllo. Questa e’ la rete. E quelle bocche aperte e gli occhi spalancati sono la prova che uno psicologo ha (anche nella professione privata!) di aver colto nel segno.
Altra scuola. Istituto Tecnico per il Turismo, prevalentemente femminile. Partendo da una leader negativa, una classe intera si mette contro una compagna e la denigra, per giorni, settimane, mesi, finche’ questa non si decide a cambiare scuola e solo allora i professori e il preside si svegliano e decidono di intervenire. Chissa’ quanto era che molti adulti ignoravano i segnali. Mi trovavo in quella classe per tutt’altra cosa e mi dicono Non puo’ parlare un po’ con loro?, come se, come al solito, bastasse solo un intervento, ma insomma, meglio che niente, no? Decido di improvvisare (mi riusciva bene, sapete?). Role playing. Istruisco in disparte tre o quattro ragazze, ognuna di loro doveva interpretare un ruolo, una la leader aggressiva, un’altra la vorreimanonposso, quella che subisce il fascino del capo, vorrebbe essere come lei ma non ne ha la stoffa, un’altra ancora l’adulto che non ascolta e cosi’ via. La leader negativa sarebbe stata la vittima, ma a lei non do’ istruzioni, doveva semplicemente affrontare quello che sarebbe accaduto. E accade che le compagne liberano tutta la frustrazione delle angherie subite o osservate nelle settimane precedenti, e danno addosso alla leader in modo abbastanza pesante, la quale prima cerca di reagire con le sue solite strategie relazionali ma stavolta non trova nessuna disposta a farle da specchio, e presto si chiude in un atteggiamento aggressivo di difesa arrabbiata. Termina il role playing, ascolto i feedback di attori e spettatori, tutti iniziano a biasimare la capetta per come si e’ comportata in passato (anche qui, tutte brave a puntare il dito, nessuna che abbia detto si’ pure io ho contribuito, ma insomma, la capetta era forte e l’ho fatta un po’ stare al tiro al massacro), alla fine la ragazzina scoppia a piangere e mette a nudo la sua debolezza rompendo la corazza. Il role playing, tra parentesi, e’ finito dopo aver chiesto al gruppo di sottolineare gli aspetti positivi di questa ragazza, in modo da farla identificare con le sue qualita’ e non con le controidentificazioni negative che cercava in continuazione nel gruppo dei pari. Parentesi per le professoresse: non lo fate voi, non viene uguale, non avete gli strumenti. Uno sportello d’ascolto tenuto da un professore non da’ gli stessi risultati emotivi di uno sportello d’ascolto tenuto da uno psicologo, senno’ ci confideremmo tutti dalla parrucchiera e amen. Parentesi per gli psicologi alle prime armi: dovete essere molto fiduciosi delle vostre capacita’, stare nei tempi previsti, non perdere mai di vista l’obiettivo da raggiungere e soprattutto essere capaci di tenere un gruppo di venti, o la bomba che scoppia crea morte e distruzione e voi ve ne tornerete con le pive nel sacco e un senso di fallimento atroce.
E potrei citare tanti altri interventi che ho fatto in classe, soprattutto alle superiori, con delle lavate di capo ben assestate. Uno e’ qui. Certo, non e’ che penso di far capitolare 24 teste. Ma mi basta sapere che cinque, sei di loro colgano il messaggio. Il resto lo fa la peer education. Ho sempre avuto una immensa, smisurata fiducia nella capacita’ dei ragazzi di ascoltare gli adulti. Non e’ vero che se ne fregano. E’ vero che bisogna saper comunicare con loro, insegnargli certe modalita’ di comportamento, perche’ soprattutto la generazione digitale, che e’ fortunatissima e ha un potenziale immenso davanti a se’, ha imparato a chattare prima ancora di guardarsi negli occhi. E non riesco davvero a capire, scusate amiche maestre e professoresse, come si possa insegnare ai giovani ignorando facebook e smartphone. Gli adulti che hanno a che fare con l’educazione non possono davvero vivere ancorati al diciannovesimo secolo e al telefono a rotella. Significa non saper stare al passo con le generazioni a cui si tenta di insegnare la geografia, ma la scuola non e’ solo passaggio di nozioni.
Gli adolescenti non vedono l’ora di trovare un adulto che gli parla da adulti e non da incapaci. Ah ma quando io ciavevo sedici anni andavo a zappare la terra con mio nonno e tu stai qui a chattare senza far niente. Quando tu ciavevi sedici anni la zappa e la vanga erano l’unica cosa che si aveva a disposizione nel pomeriggio, piu’ o meno. Ma sappi che quando molti di questi adolescenti cresceranno e diventeranno genitori, diranno Ah ma quando io ciavevo sedici anni ciavevo il mouse in mano tutto il pomeriggio e tu stai qui a postare con gli occhi (che ne so io, invento). Sei tu che devi entrare nel loro mondo, non loro a dover tornare indietro nel tuo. Che se ne fanno? Parlerebbero solo con te.
Insegnamogli a capire facebook, a filtrare i messaggi televisivi, a ragionare con la propria testa, che non vuol dire ascoltare le risposte che noi vorremmo sentirci dire, ma sentire cosa hanno da dire loro. Anche a dodici anni gli adolescenti hanno una bella testa. Spesso migliore di quella dei loro adulti di riferimento.
O degli adulti in generale, soprattutto quelli che vomitano insulti e pettegolezzi beceri confidando nell’anonimato del loro squallido ma tanto oltraggioso nick.


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0 commenti

  1. vengo ora da un blog libresco che visito ogni giorno. E' stato recensito un romanzo dove si dice che è brutto e mal scritto. Il post è di qualche giorno fa, io avevo commentato qualcosa tipo “eh intanto l'ha pubblicato mondadori : )” nel blog mi conoscono hanno recensito anche il mio romanzo parlandone bene, fanno un buon lavoro di squadra insomma, si interagisce bene, insomma al di là del gusto sono seri. Di solito ogni post non ha + di 5 commenti, nonostante le molte visite. Oggi torno a quel post e trovo 22 commenti. Morale la maggior parte erano commenti anonimi pieni di insulti al blog che ha parlato male del romanzo. Una roba orrenda e il ragazzo che avea recensito il romanzo ha sempre argomentato con coerenza e gentilezza rispondendo senza trascendere. Ammirevole. Ecco a qualsiasi età le rivolte anonime in rete sono davvero orribili. Penso, e concludo, a tutte le classi che ho frequentato e a quanto il tuo banchetto sarebbe stato utile. un bacio sandra frollini

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  2. Essendo insegnante (anche se precaria, ahimè), questo tuo post l'ho trovato veramente interessantissimo. Concordo assolutamente che un role play di quel tipo va fatto fare a chi è competente e io quando in passato (nella scuola dove insegno ra non c'è niente) le psicologhe dello sportello d'ascolto entravano in aula ero ben felice di lasciare loro il comando della situazione. Però… mi è venuto un dubbio sul mio approccio con i ragazzi. Quando noto qualche situazione particolare, “a rischio”, cerco di parlare con loro e, a volte, ho avuto la necessità di dir loro due paroline per farli riflettere nel momento in cui il compagno o la compagna era assente. Non mi sono mai dilungata troppo, però, per paura di rinforzare in loro, con il mio atteggiamento, l'idea che il compagno/a fosse “diverso” Però non so se faccio bene, la maggior parte delle volte quindi cerco di favorire l'integrazione nel corso dell'attività didattica. Mi sento un po' impotente, lo confesso 😦

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  3. Cara Lucy hai scritto tanto, ed ho trovato tutto molto interessante. Penso anche io che la maggior parte dei ragazzi siano meravigliosi, è che, purtroppo, si trovano molto spesso ad aver a che fare con degli adulti immaturi, che usano il passato per mortificarli e non per comprenderli. Ma possibile che così tante persone abbiano dimenticato quello che hanno vissuto poche decine di anni prima? Siano essi genitori che insegnanti?Un caro saluto.

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  4. Ecco un post di cui c'è davvero bisogno!Grande stima.È agghiacciante l'incopetenza e la malavoglia che su temi come questo trasudano tanti adulti, genitori ed insegnanti..

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  5. mumble mumle mumble…..Di getto: ho alunni di 7-8 anni che sono iscritti in fb, con il consenso dei genitori;io ho il profilo del blog e lo gestisco (!) male, non conosco le potenzialità. Per twitter ci sto pensando.Ma questo post, utilissimo mi fa riflettere: ho solo!!!! altri 24 anni di scuola da fare e hai ragione tu, alla fine scriverò alla lavagna battendo le ciglia. Urge un ripensamento sul mio mondo tecnologico. Però dopo che finisce la scuola!!!Baci alla Picci

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  6. Hai dato un senso concreto e funzionale a quello che pensavo. Supporto, empatia e anche scrolloni dati con la necessaria competenza, questo crea effetti positivi per il futuro.La mera contrapposizione no, appunto perchè spesso gli adulti non sono migliori e sfoggiano gli stessi difetti che vanno criticando.Bel post!

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  7. Ma scherzi, e' un piacere averti qui :)Credo che un discorso per riflettere insieme su determinati atteggiamenti faccia bene, da chiunque sia gestito. Chiaro che se si ha bisogno di qualcosa di differente, sarebbe opportuno che se ne occupassero degli esperti.

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  8. Grazie cara per questo post.Da madre di dodicenne ad esempio, non mi era chiaro davvero quando aspettarmi che il concetto di empatia fosse consolidato ed ora mi spiego molte cose.Quanto al resto, quoto tutto.L'educazione repressiva di un tempo aveva lo stampo della paura acritica.Come dire “attento a non attraversare la strada”. Punto. Ma spiegami che ci son le auto. Che devo guardare (magari prima a sinistra e poi a destra). Che devo calcolare che e' meglio aspettare che correre. Che ci son le bici.Perche prima o poi la strada la dovro attraversare, e se va bene, mi va di culo ed arrivo di la.Ma se non so che fare. Son dolori.Quanto all'anacronismo di voler che i figli vivano nel passato, ne so qualcosa. Ma anche dosare l'ingresso nel futuro dotando dei mezzi per capire e fondamentale.Ho tra i contatti facebook ragazzini e ragazzine che pubblican cose, col plauso del “mi piace” di madri e padri, che forse hanno ancor loro bisogno del banchetto…Quanto mi piace quando ci parli del tuo lavoro. Fallo piu spesso.Una delle tue groupies piu affezionate 😉

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  9. Bellissimo post, avercene di persone come te che si inseriscono in queste dinamiche di bullismo e cercano di frenarle, invece di girarsi dall'altra parte come se fosse tutto normale e i ragazzi dovessere sempre “risolversele da soli”. Che poi avvengono suicidi, atti di violenza, ecc. e sono tutti in tv a dire che non capiscono come possa essere successo. Chiusa parentesi. Facebook è una grande risorsa di connessione, ma hai dei rischi enormi in mano a dei ragazzini…un paio di mesi fa mia nipote mi ha telefonato in lacrime perchè un compagno aveva scritto che lei aveva fatto la spia e tutti gli altri gli avevano creduto ed erano partiti commenti su commenti in cui risultava una sfigata immatura e una minorata mentale. Scritte nero su bianco e lette da tutto il web sono cose che segnano e non si dimenticano.

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  10. A quell'età avevo molti insegnanti “antichi” e qualcuno davvero “giovane”. Ho preso da entrambi i generi, ma se avevo un problema sapevo che potevo rivolgermi a qualcuno che non mi avrebbe trattata da bambina inutile.Sono stata presa di mira tantissimo, specialmente in seconda media. Perchè ho deciso che l'oggetto delle prese in giro a me piaceva ed è diventata la mia migliore amica. Allora è stato come “passare dalla parte del nemico”. Ci fosse stato FB ci avrebbero messe alla gogna….

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  11. Non ti manca un po' questo lavoro? Questo intervenire per appianare, per far capire, per aiutare, per responsabilizzare, etc…Io a 12 anni ero una bulla, diventata grande ho capito il x'. Tutte le ragazzine mi temevano e anche i maschi. Ero solo incazzata col mondo, rabbiosa, ma dentro morivo di paura, nessuno doveva saperlo però. Sono ancora spaventata, ma molto molto più mite…se nn mi pesti i piedi troppo.

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  12. Si che mi manca. Ma a qualcosa dovevo rinunciare :)Bella Moky, avere dodici anni non e' facile per niente e non lo e' stato nemmeno per me. Per quello poi ho voluto lavorare nelle scuole medie.

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  13. Oh mi hai fatto venire in mente un episodio della mia adolescenza, ero in una classe composta solamente da ragazze (magistrali) e ricordo che scrissi una frase nel diario di una delle mie amiche in classe (una frase alquanto stupida ma che ben identificava ironicamente altre due ragazze della classe, le bulle di turno). Io ero la classica ragazza che studiava in una classe in cui si faceva a gara a non studiare, ricordo che ero presa di mira un giorno si e l'altro pure a queste bullette, però ho sempre avuto l'arma dell'indifferenza, le ignoravo e andavo dritta per la mia strada, non che poi la cosa non mi facesse male o fastidio ovviamente, però non rispondevo alle angherie. Successe che una di loro lesse la frase nel diario e si scatenò l'inferno, ricordo ancora barricate in classe. Un giorno le insegnanti decisero di chiamare lo psicologo per fare un role-playing, a sorpresa, io quel giorno casualmente mancai, da quel giorno finirono angherie e le barricate, mi raccontarono poi cosa successe ma non capii mai i meccanismi per il quale la cosa funzionò forse avrei dovuto esserci, chissà, sicuramente per il mio quieto vivere è andata bene così anche perché non avevo nulla contro di loro e sono sempre stata del parere che nella vita si può cambiare idea. Quel che è certo è che gli adulti intorno a noi si resero conto benissimo di quel che stava succedendo e decisero di intervenire, ricordo anche che dopo la classe andò meglio dal punto di vista dello studio 🙂 e con una delle bulle diventai perfino un po' amica.Per quel che riguarda Facebook è vero, la maggior parte degli adulti non si rende conto di quel che scrive o le conseguenze delle parole su di esso. Io sarei contraria all'ingresso su facebook dei miei figli così piccoli, con o senza controllo.Piace anche a me quando ci sveli i meccanismi del tuo lavoro 🙂

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  14. Scrivo qui per questo post dicendo che secondo me sei proprio portata per comunicare e capire. Non mi odiare ma mi dispiace che tu non possa fare la psicologa in America. Detto questo so che sei in gamba e riuscirai bene in qualunque cosa ma ti prego comunica sempre molto. Scrivo qui anche per il post precedente perché' la Picci is such a doll te lo dico da sempre e le ultime foto lo dimostrano. Deve essere proprio uno spasso! Un bacio Lucy cara. Giulia

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  15. Forse non c'entra molto, ma una volta, parlando in una classe di “razzismo” mi sono inventato su due piedi questo gioco: ho messo da una parte chi aveva i capelli di un colore, poi quelli di un altro, e quelli di un altro ancora. Già era divertente vedere i ragazzi e le ragazze discutere dove dovesse mettersi questo/a o quel/la compagno/a, visto le sfumature dei colori dei loro capelli…Non ti dico la discussione su dove dovevo mettermi io, che avevo i capelli brizzolati…Poi ho mischiato le carte, facendo mettere da una parte e dall'altra chi aveva gli occhi di questo e quel colore…Poi ho chiesto chi fosse nato da genitori italiani e stranieri, e i gruppi sono ulteriormente mischiati, cambiati…Ogni volta ho fatto decidere delle cose alla (provvisoria) maggioranza…Alla fine ho chiesto ai ragazzi a che conclusioni fossero arrivati.E uno, un genio (uno dei “meno facili”, mi disse poi l'insegnante) mi ha risposto semplicemente che secondo lui voleva dire che “non c'è una regola, nella vita”.Volevo baciarlo…d.P.S.: Ma sai che sei proprio una bella persona?

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  16. Beh forse il massimo che potevo fare era nella mia terra e nella mia lingua. Magari qui non sarei altrettanto efficace. Chissa' :)O magari sapro' fare bene qualcos'altro 😀 Grazie Giulia :*

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  17. A leggere ciò che scrivi trovo veramente che hai la stoffa per far la psicologa ! e non solo. Sono sicura che avrai successo nel tuo nuovo percorso formativo.Condivido ciò che hai scritto.

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  18. Quanto hai ragione!! La rete è una grande potenza e se usata male può anche creare danni proprio come nel caso di fb. Mio figlio un paio di anni fa fu vittima di episodi di bullismo per fortuna risolti da lui stesso. Iniziarono a girare proprio su fb, foto di mio figlio con frasi denigratorie che al solo ricordarle mi fanno ancora male. Alla data del fatto mio figlio aveva solo 14 anni da poco compiuti. Questi ragazzi proprio non se ne rendono conto di quanto è amplificata ogni situazione in rete e lo si vede dal modo leggero con cui pubblicano notizie, foto, racconti. Brava Lucy anche io penso che l'Italia abbia perso una brava professionista

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