Leggo in un post di una bimba di cinque anni che non vuole andare a trovare il nonno che ha avuto un incidente ed e’ spaventata dal collarino che lui deve portare. E un post di Pattibum su suo figlio che non volle salutare la maestra che sarebbe andata via.
I bambini non nascono preparati ad affrontare le emozioni negative. In generale, a parte le emozioni di base, per tutte le altre emozioni sarebbe bene accompagnarli per mano alla scoperta di tutte le sfumature di emozioni e sentimenti. E non so se anche voi cadete un po’ dalle nuvole come feci io tanti anni fa durante il mio percorso di studi, nel conoscere la differenza tra le emozioni, brevi e immediate, dai sentimenti, duraturi e piuttosto stabili nel tempo.
Sono stata una bambina cresciuta, come tanti della mia generazione, iperprotetta da certe emozioni. Quando ad esempio mori’ mio nonno, il papa’ di mia mamma, lo dedussi da una lettera accartocciata nel cestino della spazzatura poche settimane dopo essere tornati da un viaggio in Finlandia in cui lo avevamo visto in ospedale. Avevo, boh, otto anni? Mia mamma, introversa per indole e per cultura, non ci disse mai nulla. O almeno io non lo ricordo, non so mia sorella. Ne’ negli anni successivi avrei mai partecipato ad un funerale, o sarei mai andata a trovare qualcuno in ospedale. Certi frangenti erano riservati agli adulti, e se mai seppi di qualcuno che mori’ fu solo perche’ vidi un giorno mio padre piangere la scomparsa di una persona a lui molto cara. E la cosa mi sconvolse. Non avevo mai visto mio padre piangere, ma soprattutto non avevo mai sentito parlare di quella persona, percio’ non riuscivo a comprendere il perche’ di tanto dolore.
La vergogna la scoprii un giorno, un paio di anni dopo. che entrai in una camera la cui porta era socchiusa. Vidi mia zia, la sorella di mio padre, che si stava spogliando. Istintivamente richiusi e uscii di corsa, ma lei mi invito’ ad entrare dicendomi che non c’era nessun problema a star li’, e mi insegno’ un aspetto della complicita’ femminile. Se devo dirla tutta, quel giorno pensai che avrei voluto che la mia mamma fosse lei, cosi’ libera da certi tabu’.
Il terrore di essere abbandonata lo provai un giorno in cui dovetti aspettare in una macchina per un’infinita’ di tempo, forse dieci minuti, la mia maestra che era andata a comprare le pastarelle nel bar piu’ affollato di Roma, ma quando lei mi trovo’ in lacrime negai di aver avuto paura.
Il senso di colpa me lo porto dietro ancora oggi. Non credo mi legga, se mai fosse le sto chiedendo scusa col cuore in mano. Ero in quinta elementare quando ad una mia compagna mori’ la mamma. Io non fui in grado di dirle nulla. Mi sembrava una cosa cosi’ grande, perdere la propria mamma, che mi allontanai da lei.
Crebbi cosi’, anche perche’ una certa cultura psicologica, soprattutto quella relativa all’infanzia, non era ancora diffusa a livello divulgativo. Un po’ era, appunto, educazione. Tra l’altro, primogenita, responsabilizzata, in una famiglia con un padre dal ruolo un po’ rigido avendo perso a sua volta il padre da giovane. Un po’ dipendeva dalla mia indole introversa, un carattere chiuso che mi portai dietro fino ai quindici anni. Oggi sappiamo che tenere i bambini lontani dall’espressione delle emozioni li lascia immaturi. Io lo sono stata, e c’e’ una persona con cui ho un debito che non potro’ mai estinguere. Si vede che questi son giorni particolari, e manco a dire che ho settant’anni e si iniziano a fare i bilanci di una vita.
Dopo il diploma persi il contatto con un’amica per un paio d’anni. La quale mi chiamo’ un bel giorno per dirmi che si sposava. Io caddi dalle nuvole. Sposarsi? Esiste questo nella vita dei ventenni? Ero completamente impreparata, io, ancora persa dentro casini tardoadolescenziali amori sbagliati da crocerossina liti con mio padre e indecisione sul riprendere o no l’universita’. Traccheggiai fino all’ultimo giorno nel dirle se sarei andata si’ o no, con suo padre, che mi aveva vista crescere, che giustamente si arrabbiava della mia indecisione. E alla fine non andai alla sua festa. La vidi da lontano, sui gradini del sagrato, che scendeva le scale felice e alternativa come solo lei poteva essere. Silenzio per un altro, boh, paio d’anni, mi chiama e mi dice che divorzia. Capite, era tantissimo per me. Ventitre’ anni e gia’ tutta questa vita. Solo che nel frattempo, per fortuna, avevo incontrato una ragazza che aveva ricevuto un’educazione molto diversa dalla mia, figlia di professori universitari, ebbe per me la funzione di sorella maggiore pur essendo coetanea, e mi insegno’, con il suo essere libera da tanti schemi e timori, qualcosa della vita. Quella vera, non quella ovattata sotto cui ero stata fino a poco tempo prima. Che significava anche osare andare a bussare al portone del sindaco della localita’ di mare in cui eravamo per lamentarsi del mancato ritiro della spazzatura, o protestare col capostazione che ci ammoniva di non camminare lungo i binari – e la multa per la sua sfacciataggine la beccai io 😀
Poi mori’ il papa’ della mia amica di cui sopra. E li’ ricordo poco, andai al funerale, forse accadde prima del divorzio, non ricordo bene i tempi. Ma non credo di essere mai stata davvero vicina a questa mia amica. La quale non ha mai reclamato nulla, peraltro. Nel mio cuore c’e’ sempre stato un posto speciale per lei perche’ siamo cresciute assieme, perche’ abbiamo assaggiato la vita insieme, ma non posso certo dire di essere stata una grande presenza per lei.
Ci perdemmo di vista per qualche anno per poi ritrovarci non mi ricordo quando, ne’ come, quando ancora non c’erano i cellulari ne’ facebook, boh, mi verra’ in mente. E nel frattempo siamo diventate donne, lei venne al mio matrimonio, insieme condividemmo la gioia per l’altra amica che ebbe un bimbo, insomma, facemmo un pezzo di strada insieme, fino alla mia separazione. Da li’ cominciammo a sentirci un po’ piu’ sporadicamente, la mia vita cambio’ completamente, ero impegnata a resuscitare e quando ne venni fuori non ci sentivamo gia’ piu’. Fino a quel giorno di poco piu’ di un anno fa. Non abbiamo ripreso i contatti, ma facebook ti da’ quell’illusione di essere vicini, percio’ ogni tanto ci scriviamo due cavolate e ridiamo.
Ora che io sono una donna diversa, e che porto pesi sulle spalle, e che sarei un’ottima spalla in grado di dare conforto e consolazione, lei, ha vissuto un’altra difficile prova. E’ mancata anche la sua mamma. Una donna che da piccola ammiravo tanto, lei col suo lavoro cosi’ femminile e affascinante, lei che faceva dei ciambelloni strepitosi. Ma ora che io sono diversa mi ritrovo fuori tempo massimo, e forse e’ anche cambiata lei, chissa’.
Quando mori’ mio padre, al funerale sua sorella mi disse Sono rimasta sola al mondo. All’epoca mi stupi’ tanto quella sua frase, lei che ha un marito, due figli e due bei nipoti. Ma ora so cosa intendesse. Se la vita ti taglia le radici il passato cambia prospettiva.
Come adulti influenziamo incredibilmente i nostri figli. E anche se non abbiamo figli, siamo capaci di lasciare un’impronta significativa nei figli degli altri, come fu per me mia zia, come forse sono stata io stessa per tanti miei alunni o per mia nipote. Essere riconosciuti nelle proprie emozioni, venire a conoscenza di un canale per poterle esprimere, e’ importante per i bambini. Domandare come sta, confrontarsi su un punto di vista, aggiungere parole nuove e nuove sfumature ad un racconto di un bambino, lo aiutano a dare colore al proprio mondo interiore.
Se avete voglia di approfondire l’argomento:
– la mia bacheca Pinterest, Psich Tips.
– un bel post di Homemademamma su giochi fai da te e sussidi multilingua
– kit gioco della casa editrice Erikson per educazione emotiva eta’ 3-16 anni (l’ho strausato in tutte le classi);
– ancora della Erikson, che ha materiali semplici, pratici ed economici, un libro per esprimere le emozioni nei bambini, la rabbia in infanzia e adolescenza, uno sulla paura delle emozioni a qualsiasi eta’, e in generale l’indice di tutti i loro materiali con etichetta “emozioni”.
E poi vabbe’, in generale leggere aiuta ad imparare a riconoscere e ad esprimere le emozioni.

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Oggi lo dico io sti cazzi! Che post favoloso ! Prendo appunti e ordino… Proprio stamattina ho pensato ma un bel post .. Di quelli alla lucy ci starebbe proprio ! Grazie lucy e grazie Picci che le hai dato una notte intera !
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Mi ha colpito molto la frase “Sono rimasta sola”, l'ha detto anche mia mamma quando ha saputo che suo papà era morto. Io mi sono fatta molte domande in quel momento (ero ancora piccola, forse facevo prima media). Quel papà l'ha messa su un treno a 13 anni e dalla Puglia l'ha mandata da sola a Torino a lavorare, ha visto i suoi nipoti (io e mio fratello) pochissime volte, tanto che non ricordo d'averlo mai chiamato nonno, e non è mai stato affettuoso. Non ne ha mai parlato bene, come mai alla notizia della sua morte ha pianto così tanto?Nel frattempo, quel “sono rimasta sola” nella mia ingenuità mi ha anche un po' ferita, perché ho pensato “e io? e noi?”. Non avevo capito niente.
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Questo post mi tocca da vicino…ad oggi che ho quasi trent'anni non sono mai stata ad un funerale (per fortuna non ho mai perso qualcuno di molto caro e i miei nonni sono morti prima che io nascessi). Il “danno” però lo fece mia nonna che quando avevo due anni mi portava tutti i giorni al cimitero sulla tomba del marito, nonostante fossi piccolina me lo ricordo benissimo così come ricordo la disperazione di mia madre perché non mangiavo quasi nulla finchè la dottoressa fu in grado di farmi dire il motivo: se cresco poi muoio come nonno. Insomma come dici tu i bambini vanno educati alle emozioni negative ma bisogna saperlo fare perché l'impatto è di una potenza che ti porti dietro tutta una vita. Io ancora oggi quando entro in un cimitero mi sento malissimo.
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La prima persona morta che vidi era una mia vicina di casa, una nonnina molto simpatica che passava il suo tempo seduta sulla sedia fuori dalla porta, aspettando noi bambini, ci intratteneva con storielle e aneddoti. Ricordo che avevo circa 6 anni, lei era lì distesa nella bara, fuori di casa, nel cortile. Fu solo l'inizio di una lunga serie di morti che vidi. I miei genitori non si facevano scrupoli come i tuoi, la morte e la malattia andavano santificate, non c'era verso. Sia da bambini che da ragazzini, si faceva gruppo e si andava a trovare i morti, senza genitori, senza essere accompagnati. Ricordo che quando avevo 9 anni, i miei genitori ci portarono al funerale di un bimbo di 6, figlio di amici, una cosa straziante, mai più la dimenticherò, la mamma era tutto un urlo e un lamento. Questo mi ha aiutato a vivere con una certa empatia la morte e la malattia, mi ha aiutato a non aver paura ad affrontare il malato o i suoi parenti. Se non so cosa dire, io abbraccio, non c'è bisogno di parlare. Per i miei figli è diverso però, non li espongo alla sofferenza come hanno fatto i miei, è anche vero che noi facciamo una vita molto diversa rispetto a quella che facevo io, quindi fortunatamente non si sono riproposte le stesse dinamiche. Quando mia mamma si ammalò MrD aveva 12 anni, ricordo che viveva tutto con un certo distacco, prendeva le distanze, anche quando morì non ricordo di averlo visto piangere. Oggi quando ne parliamo gli vengono i lucciconi, quindi credo che il suo modo di agire era solo un modo di proteggersi. La sofferenza e la morte fanno paura.
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Sono senza parole, questo post è meraviglioso.Anch'io prendo appunti e inizio ad ordinare un po' di materiale che il mio secondo figlio ha bisogno di imparare ad esprimere i suoi sentimenti, lui a tre anni è già una roccia impenetrabile….Grazie Lucy!!!
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Che bel post! Grazie.
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La parte migliore è quella in cui dici che lasciamo un'impronta anche nei figli degli altri!Io (oggi) sono una di quelle persone super aperte (ex bambina supesensibile, ma mi sa che se ci nasci sensibile ci resti per sempre ^^) che tende a dare la giusta importanza a bambini e ragazzini. Sempre. Non ho problemi a trattare temi anche imbarazzanti con la giusta leggerezza e positività, anche le cose brutte possono essere spiegate con la giusta delicatezza senza trasformarsi in drammoni.E' bello sapere che questo mio atteggiamento possa influenzare positivamente il futuro di chi incontro.Grazie!
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Post spettacolare, Tiziana!!! Come sempre, del resto. Ho assistito a 3 dei 4 funerali dei miei nonni, ma ero grande, avevo piu' di 20 anni ma, a causa della mia salute MOLTO claudicante da sempre, ero abituata a malattia e dolore. Mia sorella si e' rifiutata di vedere i nonni nelle bare, ma era molto piu' piccola. Pero' vorrei condividere un episodio capitato a mio fratello maggiore quando aveva 5 anni (allegro per noi che lo raccontiamo ora, magari per lui un po' meno, all'epoca ;-)). Quando torna dall'asilo, mia mamma chiede com'e' andata (cosa che ha sempre fatto) e la risposta di Roberto e' stata:Allora mamma, e' venuto Don Efrem che ci ha portati in chiesa e ci ha vestiti da bambine. In mezzo alla chiesa c'era un baule con una tovaglia sopra, piangevano tutti e allora mi sono messo a piangere anch'io!Morale: li avevano prelevati dall'asilo (della curia, era l'unico) per fare da chierichetti ad un funerale….
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Mia mamma è nata donna, ed ha sempre cercato di avere una figlia matura. Il primo morto l'ho visto a 6 anni, probabilmente. Sono sempre stata una partecipante attiva dei casini familiari (e credimi, ne abbiamo passate di cotte e di crude. Zie approfittatrici, maligne ed avide, parenti serpenti…) e delle preoccupazioni lavorative di mamma.Tre giorni prima del mio 13esimo compleanno venne a mancare il mio babbo e, a guardare indietro, ringrazio mamma per avermi resa più matura della mia età. Non mi sono mai completamente sfogata riguardo alla mia perdita e non sono ancora guarita dalla ferita profonda che quel lutto mi ha provocato (e credo che mai guarirò), ma sono sicura che senza una “base di maturità” non sarei mai riuscita ad elaborare la morte di mio padre. Io sono una persona che tende a mascherare le emozioni e, come ha detto anche Moky, è probabilmente solo un modo di proteggersi. Ci sono emozioni che probabilmente faranno sempre paura.Grazie del bellissimo post 🙂
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😀 in effetti…
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Bella Ciccola :*
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Cavoli. Che storia, Aver.
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Be' cara Lucy questo post mi smuove molte cose dentro. Sto accompagnando mio padre al suo ultimo viaggio e mi chiedo come affronterano la cosa i miei (e suoi) nipotini di 5 e 7 anni che ora gli fanno visita all'hospice e in qualche modo vedono la sua sofferenza, seppure del tutto contenuta, dalla morfina, ma insomma è in un letto e fino a pochi mesi fa era a casa. Elaborare la morte dei genitori è necessario ma molto difficile. Bacione Sandra frollini
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Che meraviglia i vostri commenti, grazie!
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Grazie a te, Dru :*
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Grazie a te!
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Bravissima. Da “esterni” si riesce a dare quella leggerezza che trasmette serenita'. Grazie a te!
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Oh patata!! Mi hai ricordato un episodio delle medie, pazzesco! Mori' il parroco della chiesa accanto alla scuola, che non era la mia chiesa. Alcune mie compagne di classe piangevano disperate, e alla fine piansi disperata anche io!
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Grazie a te di aver condiviso un pezzo della tua vita. Ti abbraccio.
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Sandra, tesoro mio. Ti abbraccio forte forte. La forza e la lucidita' che hai in questo momento ti accompagneranno.
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Che post con tanti spunti impegnativi hai fatto cara, interessante. Io non ho mai avuto timore a vedere persone vicine e lontane in bara, non mi faceva paura nè ci stavo male. Mi ha fatto stare tanto male vedere mia mamma, dentro la mia testa c'era il pensiero che lei lì distesa fosse solo il suo corpo e che la sua anima e il suo spirito fosse già in cielo. Sono riuscita a stare dentro quella stanzina umida solo 1 minuto o forse meno, ho buttato un occhio e sono uscita. Non voglio scrivere della mia bimba di 40 giorni perchè sono sensazioni ed emozioni troppo forti per me ora. Ho evitato al mio bimbo di vedere la mia mamma, aveva 7 mesi. Al funerale l'ha tenuto mio cognato fuori dalla chiesa piangente e mi sembra di capire che ora come ora a 3 anni e mezzo non si ricorda di quella giornata ma si ricorda della nonna Paola, mia mamma, anche perchè io gliene parlo tutti i giorni. Di sua sorella secondo me ha molta confusione. Gli abbiamo detto che ora è in cielo, che è nata piccola e che non ce l'ha fatta a venire a casa come lui. La confusione secondo me dipende dal fatto che sa che ha una casetta in cimitero e quindi non capisce se è in cielo op in cimitero..è difficile spiegarglielo..il tempo aiuterà noi genitori a farglielo capire. Chiaramente al funerale non l'abbiamo fatto venire, era all'asilo ignaro di tutto. Buona domenica Francy
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Francy, e' piccolo. Avrete modo di potergli spiegare cosa e' accaduto. Ti abbraccio, grazie per il tuo commento.
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Mi ritrovo molto in questo bel post. Gestire tristezza, dolore, emozioni, e soprattutto insegnarlo…le cose terribili capitano anche quando non sei preparata, per età, per indole, per fasi della vita. Io mi porto dietro ancora dolori che forse avrei potuto gestire diversamente. O forse no. Ma comunque ti restano addosso. Bellissimo post.Raffaella
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Post davvero bello, io come te sono stata cresciuta protetta dalla morte e ad oggi non ho vissuto la perdita di nessuna persona davvero davvero vicina, per cui ancora mi chiedo come e se sapro' affrontarla.
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Questo post è davvero molto bello e profondo. Io sono la primogenita di due figlie. I miei genitori si sono comportati diversamente tra me e mia sorella,. Un pò forse perchè sono sempre stata sveglia (anche troppo) e forse un pò “prodigio”, a me non sono mai stati censurati i momenti difficili della vita. Ricordo le liti dei miei come se fossero accadute ieri, ricordo quando mio padre tornò a casa in lacrime perchè un collega è morto sul lavoro (è accaduto due volte, fa il camionista ed è un lavoro pericoloso), le lacrime di mia madre perchè alle 22 mio padre non era a casa (aveva avuto un incidente sul lavoro e sua madre non ha avuto la decenza di chiamarci) e non sapevamo dove fosse. Insomma, io ne ho vista molta di morte e difficoltà specie negli ultimi due anni, mentre mia sorella è sempre stata protetta da tutto questo. Questo ha portato che io ora passo per la donna di ghiaccio perchè so affrontare le emozioni e sfogarmi in privato, mia sorella e la poverina alla quale non si può nemmeno parlare del criceto che è morto 12 anni fa. E' giusto proteggere i figli dal male fino ad un certo punto, come è giusto anche farglielo affrontare nei giusti limiti. La frade In medio stat virtus è più che giusta. Solo che spesso i genitori se ne dimenticano e crescono adulti emotivamente immaturi. Poi ovvio che di mezzo ci va pure il carattere della persona,ma tendenzialmente noto nei giovani l'incapacità di affrontare con maturità e coraggio le prove che la vita per forza ci pone davanti.
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ciao! Mi ha molto colpito questo post perché mi ha fatto riflettere su come l'educazione che ho ricevuto stia influenzando il modo in cui mi comporto con le mie bimbe. Diciamo che non sono così “sciolta” nell'esprimere le mie emozioni, specialmente quelle negative e a volte mi domando se ce la farò a fronteggiare alcune situazioni come ad esempio il tema della morte di una persona cara.
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Quando mori mia nonna che praticamente mi ha cresciuta ero a scuola, Non capivo cosa stesse accadendo mi vennero a riprendere e mi dissero che era in ospedale, che non si era sentita bene, A casa pero non c'era nessuno. Il silenzio di una casa scoppiettante all'improvviso mi disse che qlc non quadrava. Feci qlc domanda ma ottenni come risposta di andare a giocare con qualche amica, non ne ebbi voglia, rimasi a casa fino alle 18,00 e mi chiedevo perchè fossi ancora sola. Mia nonna era morta alle 9.00 del mattino e io avevo 13 anni, Mi arrabbiai talmente tanto che volli andare contro tutti per vederla ancora una volta e nel farlo capiì che volevano solo proteggermi, Na è giusto pero? Quando è morto mio papà ad ottobre ho preteso che si dicesse a tutti i nipoti cio che stava accadendo spiegandolo con le giuste parole ma ho creduto che fosse giusto….forse avrò sbaglato?
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La mia cara nonna e' morta con me li vicino, c'ero solo io con lei e questa e' stata la sua ultima, grande e preziosa lezione di vita per me, mi ha insegnato a morire o meglio mi ha mostrato come si puo' morire in pace direi. Pero' io resto incapace e imbranata emotivamente se e quando mi si chiede di esserci per qualche tragedia o malattia o cose che in astratto ancora mi fanno la stessa grande paura di quando ero bambina ma poi se mi trovassi a doverle affrontare senza doverci pensare credo che come tutto lo farei. Profondo e molto interessante questo tuo post!
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Cara Lucy, con questo post hai aperto una discussione che potrebbe essere infinita! Non mi soffermerò sul sentimento per la morte perché ci sono stati già tanti commenti belli ed esplicativi. Vorrei parlare invece della canalizzazione dell'emotività attraverso la gestualità. L'essere in grado di fare fluire le nostre emozioni, positive o negative, attraverso un gesto, un abbraccio, una carezza, un bacio. Mia madre è una persona estremamente aperta, le piace parlare e comunicare in genere. Però di emozioni e sentimenti in casa non si è mai parlato. E non ho ricordi con lei di abbracci che pur immagino ci siano stati, ma forse solo quando ero molto piccola. Forse le veniva dal non averne ricevuti a sua volta, ultima di 10 figli in una famiglia povera che la mise in collegio dalle suore per poterle garantire almeno il cibo. Non andava a casa mai, nemmeno nel fine settimana. Molte delle sue compagne erano orfane e non capiva perché lei che una famiglia ce l'aveva, dovesse stare lì. Inoltre sua madre per i tempi era molto anziana perché aveva già 43 anni quando l'aveva avuta ed era molto rigida. Io stessa me la ricordo come una persona tutta d'un pezzo, di animo buono, ma indurita da una vita difficile. Tutto questo deve aver reso mia madre introversa nella gestualità. Non avendo mai ricevuto carezze e coccole dai genitori probabilmente faticava a farne a sua volta. Così non è stato fortunatamente con i nipoti, figli miei e di mio fratello con i quali è stata ed è estremamente dolce e fisica. A conferma del fatto che i nonni con i nipoti perdano i freni inibitori e si comportino come mai avrebbero fatto con i figli. Altro discorso per mio padre con il quale c'è stato nell'infanzia un rapporto d'amore incondizionato fatto di complicità, abbracci, lotte di solletico. Cose che sono mancate completamente invece fra lui e mio fratello con le inevitabili conseguenze. Poi un giorno, non so nemmeno io di preciso quando, tutto questo è finito. Probabilmente nel momento in cui non sono stata più la sua bambina. E' rimasto un affetto incondizionato, ma non c'è più stata fisicità, tantomeno confidenze. Sicuramente l'atteggiamento dei miei genitori ha segnato la mia adolescenza di persona molto introversa, non abituata a manifestare le proprie emozioni. Poi con gli anni della maturità sono cambiata tanto e mi piace pensare che in fondo mio padre quel seme del trasmettere attraverso i gesti dentro me l'aveva messo e bisognava solo farlo germogliare e crescere. Mi è capitato di trovare persone sul mio cammino, in maggior parte ragazzi, che non erano capaci di gestualità affettiva ed ho visto in loro sentimenti imprigionati dentro al corpo. Sempre avevano alle spalle genitori che, in termini di educazione formale e opportunità gli avevano dato tanto, ma che non erano avvezzi agli abbracci. Per questo mi piace essere molto fisica con i miei figli e sono contenta che anche mio marito lo sia pur avendo solo figli maschi. In casa nostra abbracci, baci e coccole non mancano mai. Vorrei che un domani i miei figli fossero uomini che non si vergognino delle loro lacrime, di abbracciare forte un amico e di far capire alla loro compagna il loro amore anche attraverso il corpo. Come sempre quando l'argomento è interessante, mi è venuto fuori quasi un post in quanto a prolissità. Magari ti sarà di spunto per un seguito su un argomento tanto complesso!un abbraccio
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Comunque i miei mi hanno esposta abbastanza serenamente alla morte e alle malattie. Forse non piccolissima, ma nemmeno grande. Ricordo alle elementare la tragedia di un bimbo che morì cadendo in un pozzo. Zie, vicine. Sempre e spesso andate ai funerali. Ricordo che più che la morte per lungo tempo è stato il dopo a turbarmi. Frequentavo tanto la Chiesa. La messa del fanciullo a sei anni era un appuntamento quotidiano. L'idea dell'inferno mi ha turbata a lungo. Quindi mentre ho avuto una buon rapporto ad affrontare morte e dolori…ho più faticato a superare l'idea del dopo. E confesso di non averne mai parlato con nessuno. Da sorella maggiore super responsabilizzata…non volevo far stare in ansia i miei genitori…
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“I bambini non nascono preparati ad affrontare le emozioni negative”, scrivi.Ma talvolta sono costretti ad abituarsi presto.Anche se non capiscono.E anche se, senza rendersene conto, diventano più ricchi, perché si scoprono e diventano in grado di capire (anzi, con/prendere) gli altri al volo, di sentire istintivamente i dolori degli altri, anche solo guardandone lo sguardo.Ma continuano a non capire. Anche quando diventano adulti.Io, fin quando avevo 25 anni, fino a quando ho fatto il militare, riconoscevo chi era orfano solo incrociando il loro sguardo. E non ho mai sbagliato.E' una ricchezza che chi ha avuto la vita comoda non ha avuto il “privilegio” di vivere, di avere.Borges ha scritto “Ora so che la morte di mio padre è l'unica cosa veramente successa nella mia vita. L'unica che continuerà a succedere all'infinito”.Ed è vero, dannazione.Quando si è bambini ci si sente aggrediti, assediati, incompresi, indifesi.Quando si è adolescenti ci si sente scoppiare di rabbia (e non si va in galera per puro miracolo…).Quando si è adulti (talvolta) ci si rassegna. Ma la rabbia è sempre lì, addormentata.E si si ritrova un po' di serenità solo facendo un po' di anni di psicoterapia, accettando alla fine il fatto che, dannazione!, sono solo cose che succedono…E arrivando ad imparare a sorridere, di quella rabbia che ogni tanto fa capolino.Ma non basta diventare adulti per capire. Il problema è che ANCHE gli adulti che hanno vissuto tutto questo FIN da bambini, non si sentono preparati.Ma hanno una marcia in più, rispetto a quelli che hanno avuto la disgrazia di avere una vita senza disgrazie.Tiè!Anche se continuano a non capire.Sorrido…d.
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bello questo post, molto interessante. Posso dirti che ho perso la mia mamma che avevo quasi 30 anni e ci sono stati coetanei miei che hanno preso le distanze, forse non sapendo “gestire” il mio dolore.ho letto di recente un libro di Concita de Gregorio (Imparare a dirsi addio) che parla proprio di come nel nostro progreditissimo Occidente morte e malattia siano argomenti completamente tabù. Tra adulti, figuriamoci coi bambini… Speriamo di evolverci. Io spero, coi miei bimbi, di trovare i modi non dico giusto, ma un pochino meno sbagliati, per fargli comprendere che il dolore non va nascosto come un peccato.un abbraccio
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Grazie Raf ♡
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Sei stata fortunata 🙂
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Beh, diciamo che piu' vai avanti con l'eta', piu' la vita ti forgia 😦 Grazie Peggy.
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Credo che leggere uno dei testi che ho linkato possa esserti utile.
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Sai che di solito si crescono I figli per reazione a quello che si e' ricevuto, e non e' detto che sia la strada giusta. Nello specifico, penso che con le dovute misure non ci sia motivo per nascondere cose ai bambini, quindi credo tu abbia fatto bene.
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Bello quello che dici Solare. Grazie.
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E' verissimo quello che dici. Senza la fisicita' resta solo esercizio razionale e vuoto. Bello spunto, grazie Fede :*
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Hai ragione, bisogna insegnare ad affrontare la perdita.Ciccio ha perso 3 nonni e li ha visti tutti spegnersi per malattia. Ho sempre cercato di accompagnare spiegare accogliere.In base all'età perché è successo in momenti diversi.E posso dire che la morte ed il dolore sono qualcosa che davvero non si è mai preparati ad affrontare, ma che prima o poi tocca guardare in faccia.Io ho visto morire mio padre, dopo anni ed anni di malattia, ero lì con mia sorella edè un'esperienza che ha creato anche tra noi due un ulteriore legame.Sono cose che non si dimenticano, a prescindere da quello che c'era prima.
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Vero Dario. Quello che dici si ricollega al commento sopra il tuo. E l'abilita' di leggere il non verbale e' sicuramente agevolata dall'empatia. Grazie♡
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Con I maschi, poi… 🙂 solo una battuta. Ovviamente dipende dalle persone. Bacio grande Fioly, grazie.
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Verissimo. Grazie Ba ♡
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Penso che questo sia il post che trovo più bello, molto dolce e onesto. Ammiro molto la tua capacità di parlare di te. Ultimamente tutti i miei tentativirrestano miseramente in draftMi domando come è stata veramente la mia educazione sentimentale. Non lo so per certo. Sicuro ne è risultato un groviglio che sto cercando di dipanare. Ma come si sia arrivati al groviglio, non mi è per nulla chiaro.
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Sono cresciuta esattamente come te. I miei genitori non mi hanno 'insegnato' le emozioni, che ho scoperto da sola.Ora sono mamma, di quel bambino che non voleva salutare la sua maestra. Ed ho imparato una cosa da allora: non gli nascondo più nulla.Sono accanto a lui quando gli dico che la zia è morta seppur giovanissima o che presto toccherà al nostro cane. Così come quando gli racconto dell'esistenza della cattiveria umana o della stupidità. Lo aiuto a superare la nausea prima della gara di sci o mentre aspetta i suoi amici per la festa del suo compleanno. Io sono lì a spiegargli ciò che gli sta accadendo, e lo aiuto a riconoscere ciò che sta provando. Gabriele ha sette anni, e non sa ancora che quella nausea è emozione allo stato puro. Ma ci stiamo prendendo tutto il tempo necessario per impararlo.Chissà se qualcuno lo avesse fatto con noi due… :-*
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:)Allora meglio aspettare per guardarci dentro.
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Brava, e' piccolo e non lo sa ancora.come si fa. Non lo so, sai. Per certi versi penso che sarei arrivata comunque al punto in cui sono. E tu?
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Io anche. E sono felice di esserci arrivata così.
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In questo post ho ritrovato un po' di me, che anche se ho un figlio e un compagno mi sento spesso 'rimasta sola'. Senza una madre, un padre, senza radici. Ho smesso di essere figlia e nessuno conserva la mia memoria storica, i miei vuoti del passato, le mie domande non c'è più nessuno che può colmarli o rispondere. Se non ricordo qualcosa so che è andata persa per sempre…e ce ne sono tante di cose che vorrei sapere. E soprattutto essere madre mi rimette in contatto con certi bisogni ormai incolmabili, solo un genitore può. Però se c'è una cosa che ricordo e so bene, perché è diventata un mio modo di essere, è l'importanza di dire le emozioni, di dare un nome ai sentimenti. E questo lo devo a mia madre e anche al suo amore per i libri che mi ha trasmesso. Grazie per questo post, potrò fare molto per mio figlio 🙂
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