Expat nel DNA

Mia mamma e’ finlandese. E’ (stata) una immigrante expat in tempi lontani, negli anni ’60. Lascio’ famiglia e cultura per andare a cercare lavoro, lei che veniva dalla Lapponia e aveva studiato scienze infermieristiche ad Helsinki. Stufa del freddo e di una terra che in quegli anni post bellici non offriva tantissimo, accetto’ una proposta di lavoro in Svizzera e si trasferi’.
Da li’ un giorno fece un viaggetto a Roma.

Visito’ le solite cose, giri classici che fanno tutti i turisti, poi fece un’ultima passeggiata in piazza S. Pietro prima di tornare all’albergo li’ vicino dove alloggiava.
Le si incastro’ un tacco in uno dei “tombini” santi. O tra i sampietrini, ora non ricordo.

Un giovane uomo si avvicino’ per aiutarla a salvare scarpa e caviglia. Mia mamma ha sempre raccontato questa storia con un misto di orgoglio ed imbarazzo, lei che certo non e’ persona che parla delle sue emozioni. Si piacquero, si tennero in contatto via lettera scrivendosi in inglese. Si rividero poi a Milano, a Firenze, a Venezia, in Svizzera stessa. Era il 1967.

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Questa sciarpa ce l’ha ancora!

expat-dna-svizzeraArrivo’ la proposta di matrimonio, che fu celebrato in un triste giorno di novembre del 1970 a pochi giorni dalla morte della nonna di mio padre in osservazione di lutto e senza una bella festa. Fecero pero’ il viaggio di nozze a Napoli, di dove mio padre era originario. Appena messo piede giu’ dal treno, scipparono la borsa a mia madre.

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E’ andato a prendersela.

Non e’ stato facile per mia madre vivere in Italia. Non e’ stato facile confrontarsi con una cultura piu’ arretrata e meno aperta allo straniero – non che i Finlandesi post seconda guerra mondiale lo fossero, soprattutto dove mia madre e’ cresciuta, zona rurale, pochissimi abitanti, al confine con gli odiati Russi. Ma, come diceva sempre lei, era sconvolta che le donne italiane non si depilassero le ascelle. O che portassero il fazzoletto in testa. Ancora nel 2010 si sentiva additare di essere la polacca che era venuta a rubare il marito alle italiane. Ha combattuto mille volte con la nostra ottusa burocrazia, anche quando le hanno sbagliato il codice fiscale per via del suo secondo nome e meta’ dei documenti Inps ha continuato per anni ad essere inviata sbagliata nonostante “l’immediata” correzione. Ma e’ sempre stata innamorata del nostro sole, lei che aveva il ghiaccio nel sangue con inverni a -30 gradi e buio per lunghi mesi.

Non ci ha mai insegnato il finlandese, convinta da un’amica svedese con un figlio poco piu’ grande di me che non avremmo mai parlato italiano. Altri tempi, si parlava poco di bilinguismo e di psicologia infantile. Magari se lo avesse fatto adesso non sarei stata qui col mio Chef, chissa’.

Quando ero adolescente e i litigi con i miei e tra i miei erano all’ordine del giorno, e dissi a mia madre, in lacrime, Perche’ non te ne torni in Finlandia. E lo pensavo davvero, perche’ doveva star li’ a soffrire perche’ non capita, lei che pure per cultura di quegli anni e per indole preferiva mordersi la lingua piuttosto che discutere ore. Perche’ lo vedevo che quello che riceveva dalla mia famiglia, o almeno ai miei occhi, era meno di quello che dava. Molto, molto meno.

I suoi genitori li ha persi senza poterli salutare un’ultima volta. A quei tempi costavano tanto le interurbane, figuriamoci le internazionali. I voli, manco a parlarne. Abbiamo fatto tre viaggi in Finlandia, il primo in aereo, io ero piccolina e mia sorella aveva tre mesi, poi quando avevo dieci e quindici anni in macchina, attraversando l’Europa, come piaceva ai miei genitori, tra le lamentele di noi figlie stufe di mangiare minestre Knorr scaldate al fornelletto a gas da campeggio nell’area di sosta autostradale. Ma abbiamo visitato tanti posti, grazie a loro.

Vivere da expat non e’ facile. Non si e’ piu’ parte della cultura in cui si e’ nati, che cambia mentre tu sei via, e non si e’ mai veramente parte di quella di adozione. Mia madre non ha mai perso il suo duro accento finnico pur parlando un ottimo italiano e divorando due libri alla settimana. Per questo so che anche io non avro’ mai una pronuncia pulita, e’ inutile che mi ci danno. E si sa che la porta che ci si chiude alle spalle resta magari un pezzettino aperta, ma guardarsi indietro a volte e’ duro. Mia madre, ad esempio, ha preferito tagliare i ponti quasi con tutti. Solo ora che ha settant’anni ed e’ vedova sta, come capita sempre, nostalgicamente ripensando alle sue radici.

Ringrazio mia sorella per avermi mandato queste foto meravigliose. E questa cartolina era l’ultima immagine nell’album di mia mamma, quella che consacrava la fine della sua vita in Svizzera prima di venire a vivere in Italia. Ha indosso il cappello tradizionale lappone, su uno dei meravigliosi laghi della sua terra, dove splende il sole di mezzanotte.

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E io che ho sempre detto, Non voglio passare quello che ha passato mia madre. Non andro’ mai via dall’Italia.

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77 commenti

  1. Che post bellissimo! Ecco volevo proprio sapere di più di tua mamma da quando ho scoperto che è finlandese…certo a quell'epoca il coraggio di andarsene era più difficile trovarlo rispetto a quanto è “semplice” logisticamente ora. Eppure determinate sensazioni sono certo sempre le stesse.

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  2. e invece….. ma essere expat al tempo in cui lo e' diventata tua mamma era MOLTO, INCREDIBILMENTE piu' difficile!!! Noi abbiamo molte piu' risorse a disposizione, anche se la difficolta' di lasciarsi alle spalle la famiglia e la vita come l'abbiamo conosciuta, e' sempre la stessa!Un bacione da Reno, Lorena

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  3. quante veritá in questo post. son cambiati i tempi, ma l'expat é sempre lo stesso. per quante facilitá si trovino, ci son scelte e rinunce da fare. non perderemo il nostro accento neanche dopo 20 anni, neanche parlando correttamente la lingua del paese che ci ospita. non perderemo i ricordi, e neppure quel senso di nostalgia, non ci sentiremo mai parte del nuovo posto, e sappiamo che difficilmente torneremo in patria. dura la vita da expat. peró é un'avventura che quando inizi non ti fa tornare indietro.

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  4. bellissimo post. Capisco anche tutto quello che dici sulla sofferenza che ha vissuto…e sulla nostra incomprensione. Anche con l'esperienza di expat… in effetti è impossibile capire cosa significasse allora. Ti abbraccio!

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  5. Si scattavano pochissime foto e venivano inviate nelle buste bordate di rosso e blu della posta aerea; il pacco expat si inviava/riceveva ogni natale, chiuso col piombino; ogni 4 anni attraversavamo l'Europa …col Fiat 128. Altri tempi. Mi hai emozionata..è dura esserti lontana. Abbracci grandissimissimi.

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  6. Sai Vale, una piccola parte di quello che ho scritto avrei voluto dirlo ieri a tua mamma nel post che hai scritto su fb. Avrei voluto scriverle anche quanto sei fortunata a avere una mamma che usa il pc e vede le sue nipoti ogni giorno.

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  7. Uffff peso….sai che mio padre è della costa d'avorio ed arrivato in Italia nel 1980…e penso a mio figlio, italo- spagnolo e mi dico che è proprio curiosa la vita, ce l'abbiamo scritto nel DNA che siamo inquiete e non ci dovremmo stupire quando molto probabilmente i nostri figli prenderanno il largo e noi in terre straniere penseremo : qual è casa mia? Dov'è il mio vero posto, le mie radici? Ho un po' paura che mio padre torni in Africa a fare il pensionato ma dice anche che non si troverebbe tanto bene. A me piacerebbe stargli vicino, mi sento un po' in colpa…..

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  8. Ci sono incontri che, a quanto pare, cambiano la vita! E ci sono donne coraggiose che decidono di rischiare, di lasciare ciò che è noto per sperimentare ciò che non lo è… Brava la tua mamma e brava te che ce ne hai parlato! =)

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  9. Che bella la storia di tua madre! Certo l'espatrio a quei tempi era un'altra cosa perche'davvero si tagliavano i ponti, volenti o no visto che era difficile tenersi in contatto. Noi oggi riusciamo meglio ad integrare le due culture nella nostra vita ma credo che riguardo a certi aspetti dell'espatrio non sia poi diverso da allora, sentimenti di nostalgia, mancanze varie ecc.. Forse arriviamo con strumenti diversi nel nuovo paese: lingua, diplomi, contatti, informazioni…quasi, quasi non e' neanche piu' un'avventura come certamente e' stata per tua madre!

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  10. Che bella storia! E' incredibile quanto il caso a volte possa sconvolgere la vita di una persona. Poi coraggiosa tua madre a fare questa scelta a quei tempi. È triste però pensare che non ci siano più legami con il prima e nemmeno ci si senta del tutto parte del dopo…

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  11. Che belle queste foto dei tuoi genitori! Sono una bellissima coppia!Credo che tua mamma sia stata davvero molto coraggiosa. Anche se credo che nonostante gli aerei e internet non sia facile nemmeno ora espatriare…E tu lo vedi di prima persona visto che lo hai fatto, e non ti trovo meno coraggiosa di tua madre. p.s.pure io non capisco le donne che non si depilano le ascelle 🙂

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  12. Che coraggio ha avuto!! Anche e soprattutto a non insegnarvi la sua lingua 😦 immagino come potesse sentirsi, se già per cultura non mostravano i sentimenti dire certe cose in un'altra lingua dev'essere ancora più difficile. Un abbraccio !!

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  13. Quando leggo questi post così colmi di vita, di anima e cuore, sento la mancanza di un blog mio o uno spazio dove poter rispondere con storie simili dove c'è tanto del nostro passato e delle nostre aspettative. La risposta che hai dato a Selena è quella che racchiude la mia vita….mio Padre e' tornato dal suo espatrio ed ha segnato le vite di noi figli, che nonostante una forte componente da expat, per forza di cose, siamo sempre rimasti ancorati qui. Tua Madre è stata coraggiosa, forte, testarda nel vivere “altrove” in anni difficili e chiusi, con tante mancanze, affettive e culturali, ma ha resistito, mantenendo un filo sottile con le proprie origini, e forse, questo filo adesso lo ha passato a te, che nonostante la tua “moderna” vita da expat, continui a tenere ben stretto a e in qualche modo a trasformarlo non in un legame che “costringe” ma che unisce varie culture e usanze. E lo fai benissimo. E io ti ammiro…..moltissimo! Scusa se mi sono dilungata, ma non ti commento da un po' e mi ci voleva. Baci.

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  14. Essere un expat in quegli anni penso che non sia stato per nulla semplice, tua mamma è stata davvero una donna forte.Sai che anche mia mamma era un'infermiera? Non è certo un lavoro semplice nemmeno quello.

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  15. Credo che ciascuno di noi, quando torna in Italia per un periodo o per sempre, si rende conto di quanto tempo sia passato e quante cose siano cambiate mentre si era fuori. Nonostante viviamo in perenne contatto con l'Italia.

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