Storia di Giulia, exchange student

“Sono cresciuta curiosa nei confronti del mondo, delle persone e consapevole che ‘there’s no place like home‘. Ho iniziato ad esplorare realtà lontane da casa nell’estate della seconda media, quando mia madre mi iscrisse alla Scuola di Vela della Lega Navale Italiana. Sono talmente contenta dell’esperienza che per le tre estati successive scelgo di trascorrere un mese tra Amburgo e Monaco ospite di famiglie tedesche.”

Questa e’ la storia di Giulia, ventisette anni, medico e fan della Picci. Le ho chiesto se aveva voglia di scrivere un post sulla sua esperienza da exchange student in America, ed eccola qui. Ho trovato la sua storia interessantissima, soprattutto per le differenze con la nostra scuola superiore, e sono sicura che leggerla appassionera’ anche voi.

 

E’ fine agosto del 2001, sto per iniziare il terzo anno del liceo scientifico e mia madre mi chiede: “Ti piacerebbe fare il quarto anno del liceo negli Stati Uniti?”. Ci penso un po’ su: UN ANNO. Negli STATI UNITI. Perché no?
Accenno la questione ai professori a scuola. Alcuni sono favorevoli, altri mi rammentano che perdere il programma di quarta mi metterà in difficoltà per la maturità. Nonostante lo sconvolgente 11 settembre 2001, io sono determinata a partire. Ad ottobre contatto un’associazione e definiamo il tutto.

BUROCRAZIA
Se ricordo bene sia io che i miei genitori abbiamo sostenuto un colloquio preliminare con la responsabile dell’associazione; ho sostenuto un piccolo esame di inglese e successivamente hanno voluto prendere visione dei voti scolastici dei primi due anni (se avessi avuto qualche insufficienza a fine anno o fossi stata bocciata non sarebbe stato auspicabile partire).
Una volta giudicata idonea sono iniziate le vere pratiche burocratiche tra cui:

  • presentation letter scritta da me con allegate foto;
  • presentation letter scritta dai miei genitori;
  • recommendation letter scritta da almeno 2 professori;
  • scheda sanitaria compilata dal mio Medico di Base che accertasse:
    • stato di salute;
    • malattie dell’infanzia ed eventuali patologie;
    • vaccinazioni (per alcune, tipo l’antitetanica, ho dovuto fare il richiamo).

COSTI
Le spese che la mia famiglia ha sostenuto sono state così suddivise:

  • una parte relativa al viaggio aereo (biglietto con ritorno aperto), all’assicurazione sanitaria, ai costi dell’organizzazione italiana e americana che si è occupata delle pratiche – all’epoca circa 10 milioni di lire, comprensivi anche di 3 giorni a NY dove tutti gli exchange students italiani in partenza hanno visitato la citta’ e tenuto una serie di incontri preparatori;
  • una parte relativa agli extra in loco (quaderni, penne, vestiti, attività con amici, corsi extra – io ho continuato con la danza) – all’epoca circa 250/300 dollari al mese. La famiglia che ospita non riceve nessun compenso economico, la decisione è volontaria e deve garantire unicamente vitto e alloggio. Al resto delle spese decide la famiglia stessa se contribuire o meno;
  • visto annuale da studente.

HOST FAMILY
Quando una famiglia (che non è necessariamente formata da una coppia eterosessuale con figli) decide di diventare una host family si rivolge ad un’organizzazione che si occupa di capirne le caratteristiche. Questo per assicurare un match vincente (non sempre è così, io sono stata fortunata). Alcune regole base per il match comprendono religione, allergie, abitudini alimentari. Una volta giudicata idonea, la host family può avere accesso ai profili dei diversi studenti e in base alle caratteristiche del singolo, decide di ospitare il tal studente (spesso se ne possono ospitare due, preferibilmente dello stesso sesso e di diversa nazionalità). Anche lo studente può esprimere preferenze (per esempio di essere ospitato da una famiglia della stessa religione, oppure senza figli piccoli); io non avevo messo nessun tipo di preferenza e chiaramente questo mi ha dato molte più possibilità.

A gennaio arriva la lettera di conferma: la mia destinazione è Janesville, Wisconsin, dove la mia host family mi aspetta e non vede l’ora di conoscermi. Un misto di paura ed eccitazione mi accompagnano fino al momento della partenza: Cosa lascio? Cosa troverò?

COMINCIA IL VIAGGIO
Atterro a Madison uno degli ultimi giorni d’agosto. All’aeroporto la mia host family mi aspetta col cartello “Welcome Giulia”. La mia American Mom, L., e il mio American Dad, D., sono esattamente il prototipo di americani che mi aspetto: faccia buona e tutto di taglia extralarge – il sorriso, la macchina, il frigorifero.
Arrivo in quella che sarebbe stata la mia casa per i successivi dieci mesi e conosco M., la mia American Sister, 23 anni, adottata, e i miei American Brothers S., 22 anni, figlio naturale, e A. 21 anni, migliore amico di S. che vive con loro da 2 anni. La mia host family ha una mentalita’ decisamente aperta, e in piu’ ospita studenti stranieri da 5 anni.
Il giorno successivo mi accompagnano ad iscrivermi alla High School dove, oltre alle 3 materie obbligatorie – American Literature, American History e CAT (College Algebra and Trigonometry), sono libera di sceglierne altre 4. L’offerta formativa e’ la medesima in tutte le scuole. Non esistono Liceo Classico/Scientifico/Linguistico; ci si iscrive alla high school del proprio distretto e ciascuno studente sceglie le materie che preferisce con corsi annuali o semestrali. Ci sono classi di ogni tipo, compresi pottery, jewelry, parenting (una classe dove per l’esame finale ti affidano per una settimana un bambolotto computerizzato che registra se e quando lo allatti, se lo consoli quando piange etc). Io ho scelto Tedesco, che studiavo anche in Italia, Photography, Painting e International Food. Per la verità all’inizio, al posto di Pittura, scelgo Chimica, ma nel primo test scritto prendo D (che corrisponde ad un 5) per via delle difficoltà con le conversioni tra sistema delle customary units, che vige in America, e il sistema metrico decimale. Decido quindi di cambiare altrimenti avrei passato un anno terribile.
Il mio primo weekend americano coincide con il weekend del Labor Day (il primo lunedì di settembre) e mi portano in campeggio sul lago Michigan. Mi ricordo il senso di smarrimento/di “cosa ci faccio qui?” e “non capisco una mazza di quello che dicono” che mi hanno accompagnata per quei 3 lunghissimi giorni. Tornerò in campeggio sul lago Michigan esattamente 9 mesi dopo, nel weekend del Memorial Day (l’ultimo lunedì di maggio), e mi confronterò con una me decisamente diversa.

 

GIORNO DOPO GIORNO
Iniziano le lezioni e ci metto un po’ capire come funziona: la scuola è un edificio enorme che ospita 1800 studenti, il mio orario è uguale ogni giorno per tutti i 5 giorni, ma è diverso da quello di ogni altro studente, perciò sono io che devo cambiare aula.
I professori sono tutti molto gentili, se non capisco qualcosa sono pronti a rispiegarmela, cercano di coinvolgermi e farmi conoscere dai compagni. Non so se sia stato merito del mito italiano in America, ma in poche settimane vengo sommersa di attenzioni e domande (alcune anche imbarazzanti tipo “ce l’avete il telefono in Italia?”) e, nonostante un po’ di timidezza intrinseca potenziata da qualche oggettiva difficoltà linguistica, riesco a stringere molte amicizie. La più speciale, che continua anche oggi a distanza di 10 anni, è sicuramente quella con M., un’altra exchange student di nazionalità russa. Nonostante io sia circondata da persone nuove, tutte da scoprire, la nostalgia di casa inizia a mordere il cuore.
Per fortuna non ho molto tempo per pensare a quanto mi manca casa e i primi due mesi sono un susseguirsi di giornate piene. Arriva Halloween: sono entusiasta della mia zucca decorata, e mi ritrovo a girare per le case del quartiere con due ali da angelo dicendo: “Hi! I am an exchange student. In Italy we don’t celebrate Halloween. This is my very first time… So… Trick or treat?“.
Il mese dopo è già Thanksgiving e assaggio il mio primo tacchino ripieno.

 

In un attimo ecco Natale, sicuramente il momento più dolce-amaro dell’anno. E’ qui che sento la mancanza della mia famiglia italiana, ma capisco anche quanto è forte il legame che ho con loro. Realizzo il bene che mi vogliono, perché lasciare che la propria figlia a 17 anni stia lontana da casa per 10 mesi è un atto d’amore infinito, un modo per dire “il nido è qui e ci sarà sempre, ma lasciarti spiccare il volo con le tue piccole ali è la cosa giusta da fare”.
Natale è anche il momento del giro di boa; ricordo le parole della mia American Mom: “After Christmas time runs so fast you won’t even realize it“. E in effetti è così. In breve il gelido inverno (le temperature sono scese anche a -20°C) lascia spazio alla primavera e con lei arriva il celeberrimo Spring Break, le vacanze primaverili: io e la mia American Mom ce ne andiamo in un Resort in Messico per una settimana. Al mio ritorno capisco che il tempo che mi rimane prima del mio ritorno si riduce ad una manciata di giorni.
A scuola le cose vanno benissimo, ho una media alta, uno dei GPA – Grade Point Average – più alti della scuola: ammetto che è decisamente più semplice che in Italia, basta fare gli esercizi a casa e si hanno buoni voti. Però i professori non fanno sconti a nessuno, tanto meno a me: su questo gli Americani sono incorruttibili – e decisamente apprezzabili.
Ormai la mia timidezza è superata e a detta di molti il mio inglese “is very good with a lovely Italian accent”: spesso sono a casa di amici che cucino pasta alla carbonara o alla norma, oppure al cinema o a qualche festa. Passo anche molto tempo con la mia host family: cene fuori, spettacoli teatrali, musical, giochi di società, e tante chiacchiere. Generalmente le spese extra che riguardano attività di svago sono sostenute dalla host family stessa. Non è un obbligo, ma generalmente le famiglie tendono a contribuire a questo tipo di spesa, altrimenti rischia di crearsi un circolo vizioso per cui l’exchange student decide per esempio di non andare al cinema,non partecipando così alla vita di famiglia, isolandosi e risultando più un ospite che un membro attivo del nucleo familiare. A proposito di vita con la host family, la vera passione della mia è  il bowling, che ho onestamente detestato: a inizio anno mi comunicano “You’re on our bowling team!” e ogni maledetta domenica alle 6 partecipiamo al torneo a squadre dove io sono la quarta del team; quando a fine marzo, finito il winter tournament, mi annunciano “We are in the summer tournament!” mi è venuto da piangere!!!

Il momento piu’ magico è a fine maggio. Mi sembra di vivere in un telefilm quando per il Prom – il ballo di fine anno – vengo formalmente invitata da D., un compagno di classe, con cui poi avro’ una breve frequentazione. Per giorni e giorni, tra ragazze, non si parla altro che della scelta del vestito, delle scarpe, del trucco, dell’acconciatura, sembra quasi che si tratti di un matrimonio, e ne ho la conferma quando passiamo il pomeriggio, poche ore prima del ballo, a scattare qualcosa come 250 foto.
Arriva giugno: finisce la scuola, mi diplomo, sto per tornare a casa. Ed ecco che tornano quelle sensazioni, un misto di paura ed eccitazione: Cosa lascio? Cosa troverò?
Quando ripenso al giorno in cui sono tornata a casa, io, che di solito piango e mi commuovo, non riuscivo a trovare un solo motivo per cui potessero scendermi le lacrime. Ero felice. Felice di essere partita, di aver vissuto un anno così, di tornare. Felice dell’opportunità che avevo avuto, di come l’avevo sfruttata.

Quando sono tornata il legame con la mia famiglia si è ulteriormente rafforzato, in particolare è decisamente migliorato il rapporto con mia sorella, forse perché ci siamo mancate, forse perché abbiamo imparato ad accettarci nella nostra diversità.
Certe amicizie si sono rotte, altre hanno acquistato un valore diverso.
Con la mia host family ci sentiamo regolarmente via mail almeno 3-4 volte all’anno e nel 2009 sono tornata a trovarli, con grande gioia.
In sintesi penso che sia stata un’ottima esperienza formativa, sia dal punto di vista umano, sia per l’apprendimento di una lingua straniera (aspetto da non banalizzare perché ammetto che mi è sempre tornato utile essere “quella che sa bene l’inglese”).
Ho sicuramente vissuto un anno intenso, unico e, nel bene e nel male, bellissimo.
A posteriori posso dire che è stato l’ultimo anno prima della maturità, intesa sia dal punto di vista legale (ho compiuto i fatidici 18 anni), sia dal punto di vista “dell’innocenza dell’animo” – io la chiamo così. Nel senso che forse sarà stato un caso, ma da lì in poi ho sentito di essere entrata nella vita adulta e aver iniziato ad affrontare tutto (il dolore, la gioia, gli impegni) in modo meno spensierato, meno superficiale, rispetto a prima.
Sicuramente è stata un’esperienza che mi ha permesso di confrontarmi con me stessa nel profondo, di vivere qualcosa senza quello che fino ad allora, era il mio punto di riferimento, cioè la mia famiglia. E mi ha permesso di mettermi in gioco, di capire fin dove arrivano le mie risorse, di quanto sono duri certi angoli ad essere smussati e quanto sono preziosi alcuni piccoli dettagli.


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71 commenti

  1. Bellissimo il racconto! Mi ha pure commossa…Anch'io avrei tanto voluto fare un anno all'estero (negli Usa,Canada o Inghilterra..beh ci aggiungo pure l'Irlanda che ho amato dal momento in cui atterrai all'aereoporto di Dublino), ma i miei genitori non avevano i mezzi economici per mandarmici e poi c'è da dire che MAI mi avrebbero mollata per 10 mesi. Già ora vivere a 2 km di distanza per lei è un trauma! Mi sarebbe piaciuto fare una cosi bella esperienza come Giulia (visto poi che ho frequentato il liceo linguistico!)

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  2. Noooo, devo immediatamente iniziare a risparmiare per mandarci il Nano!!! Come posso, ora che so, non fargli fare questa cosa meravigliosa? Il mio Nano pantofolaio che non mollerebbe il Ridente Paesello in Collina credo potrebbe accettare un'eccezione, giusto giusto perché anche lui ha già il mito dell'America. Stasera inizierò a parlargliene 🙂 con quei comodi 6-7 anni di anticipo!Apina sloggata!

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  3. Cara Lucy, come mi ritrovo nelle parole di Giulia! Ho avuto la fortuna di fare la medesima esperienza, un anno prima di lei, tra il 1999 e il 2000 (e tra l'altro la grande fortuna di vivere nell'ultima America prima dell'11 settembre). La mia host family era del Connecticut (Waterbury) ed era di origine indiana (indiani dell' India, curry e musica indiana a ogni ora!) nonostante in India non ci fossero mai stati e fossero davvero molto american!! E' stata un'esperienza incredibile. Difficilissima e bellissima allo stesso tempo. Concordo con Giulia e riconosco nella mia famiglia una grandissima apertura mentale, un grande sacrificio per premettermi di spiccare il volo con le mie forze e una grande consapevolezza che avrei potuto farcela. Così è stato e gliene sarò sempre grata.Io sono partita con molta incoscienza, a 17 anni quasi 18 non sei in grado realmente di capire cosa vuol dire. Un anno fuori casa, in una realtà COMPLETAMENTE diversa dalla tua, con una lingua nuova, perchè per quanto i voti fossero buoni in Italia, lì è tutta un'altra cosa e soprattutto sei sola. Il primo mese è stato durissimo. Abituata ad avere i miei spazi, le mie routine mi sono ritrovata a condividere la camera e il letto con la mia sister americana, che aveva la mia età, in una casa dove ognuno si faceva i fatti suoi (per i primi giorni praticamente non ho mai mangiato perchè mi aspettavo che ci fosse un momento della cena tutti insieme e invece non si usa così. Hai fame? mangia. A casa mia era o tutti insieme o niente!) Mi sono ritrovata in una scuola enorme, dove avevo la libertà di scegliere cosa studiare (anche se sono stata meno libera di Giulia perchè i miei prof italiani mi avevano obbligata a seguire le stesse materie dei miei compagni in italia e quindi chimica non ho potuto evitarla!) dove potevo muovermi, girare, cambiare compagni ogni ora e ad ogni cambio di aula, dove potevo fare tanto sport. Perchè è vero quello che si dice: allo sport viene data davvero molta importanza. Sono entrata nella squadra di pallavolo e ho stretto amicizie che durano tutt'oggi. Ho imparato ad arrangiarmi, ho imparato a contare su me stessa ma anche ad affidarmi a cuore aperto, ho assaggiato migliaia di cucine diverse perchè avevo amici portoricani, scozzesi, tailandesi, brasiliani e ancora tanto… Avevo un'amica che aveva avuto un bambino a 15 anni (e come lei ce ne erano molte), vivevo non troppo lontano da New York e così me la sono goduta, ho provato la vita dei centri commerciali, ho vissuto con la mia sister notti insonni a parlare, quando finalmente dopo pochi mesi (perchè quando è full immersion si fa in fretta ad imparare) la lingua non aveva più segreti, ho vissuto il prom come una principessa, ho vissuto il dolore che un padre padrone può provocare nella sua famiglia (io per fortuna ero lasciata fuori dalla sua ira, ma ho avuto anche paura), ho pianto disperata quando sono partita perchè sapevo cosa lasciavo e anch'io avevo mille dubbi su quello che avrei trovato al mio ritorno in Italia. Ho vissuto un anno in una cultura completamente diversa, ho sperimentato la solitudine e la totale amicizia, ho visto cose che mai mi sarei potuta aspettare e sono tornata cambiata. E sono fiera del come. Mi ha fatto un gran bene e se se ne ha la possibilità consiglio a tutti un'esperienza così!(scusa per il tema!!!!)

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  4. Grazie!Posso dirti che proprio perchè la mia mamma, per diversi motivi, non ha potuto fare un sacco di cose (tra cui imparare bene l'inglese: “Giulia, sapere bene l'inglese è fondamentale” è il suo mantra) ha cercato di offrire a noi le possibilità che a lei sono state negate. Sicuramente ha patito la mia assenza però sa di avermi fatto un regalo impagabile.Essendo il primo commento ne approfitto per ringraziare la padrona di casa che mi ha ospitato con grande cuore e che mi ha dato la possibilità di raccontarmi non solo agli altri, ma soprattutto a me stessa. Non avevo mai messo nero su bianco quest'esperienza e devo dire che è stata una cosa che mi ha emozionato: Grazie Lucy!Giulia

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  5. Guarda è una cosa molto soggettiva, se uno non se la sente io capisco. A mia sorella, due anni più giovane di me, è stata offerta la stessa opportunità ma ha assolutamente rifiutato. Ha deciso per un paio di mesi in Australia ma nemmeno con troppa convinzione.Adesso è quella che esce e torna alle 4 senza dire niente, andrebbe in capo al mondo, mentre io che sto quasi per uscire di casa sono qui che dico: “mamma ma ti posso venire a trovare 3 volte a settimana?”.Giulia

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  6. Ma sei tu l'Apina che leggeva Anna Lisa come me?!?Direi che hai un buon margine per convincere tuo figlio ;-)Se per le ragazze il momento magico è il Prom, per i ragazzi è la quantità di sport che possono fare e seguire! Facci sapere se lo convinci!Giulia

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  7. Evviva! L'abbiamo scovata un'altra exchange!!!!!Grazie per aver scritto della tua esperienza, vedo che ci sono molti punti in comune. Ci tengo a precisare che riassumere un anno non è stato facile, e i momenti di sconforto ce li ho avuti anche io, soprattutto all'inizio, perchè sei DA SOLA, torni a casa fondamentalmente da persone che non ti conoscono, quindi devi contare solo su te stessa. Come bilancio direi che è stato assolutamente positivo, penso che dalle tue parole anche per te sia stato così – la frase “ho vissuto il prom come una principessa” ne è la riprova 😉 Giuliaps: devo dire che

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  8. È stato bellissimo leggere di questa esperienza, grazie Giulia di averla condivisa..chissà in futuro quando e se avrò figli..faranno questa bellissima esperienza! Il tarlo c'è 😉

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  9. Che bella esperienza Giulia!! Certo che i tuoi genitori ti hanno dato una bella opportunità e nel 2001, 10.ooo di lire non erano di certo poche, anzi!!!Esperienze di questo tipo, cambiano ildecorso della vita, arricchischino molto, aprono la mente e nuovi arrizzonti.

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  10. Ciao Lucy, è la prima volta che commento sul tuo blog, ma è da un po' che ti leggo. Riflettendo sul tempo che vola via, mi sono svegliata in “bad mood”, rimpiangendo un po' di cose che avrei potuto fare e non ho fatto, e mi trovo questo tuo post sullo studio “abroad” :)Segnalo subito questa pagina a una mia ex allieva (persona intelligente e brillante che riesce bene in tutto) che qualche tempo fa mi chiedeva info su come trascorrere un anno di liceo all'estero. Io ho frequentato alcuni corsi di lingua all'estero, ma vivevo “au pair” per abbattere i costi. Erano situazioni diverse, seppure ugualmente formative.BarbaraP.S. Non c'entra con questo post, ma la tua piccola è splendida 🙂

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  11. BELLISSIMO RACCONTO!Io ho avuto un esperienza diversa perchè stavo da amici, quindi ho colto ancor meglio le differenze tra me ed altri exchange, ma grazie per aver condiviso con noi questa esperienza!Ps: io penso di farmela sotto all'idea di mandare un giorno (tra l'altro ancora loooontanissimo) i miei figli un anno all'estero..!EliPs: quale sei tra le tre della foto??????????

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  12. Grazie! Un po' di coraggio ci vuole, indubbiamente. Per me è stata un po' una sliding door…La maturità è stata difficilissima per me e il test di Medicina l'ho fatto due volte prima di passarlo… E ho pianto come non mai per quei due anni, perchè facevo una fatica terribile, quindi il rovescio della medaglia c'è, anche se a posteriori rifarei tutto.Giulia

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  13. Grazie! L'aspetto economico non è assolutamente trascurabile, per i miei genitori è stato un sacrificio anche economico e non li ringrazierò mai abbastanza perchè hanno letteralmente investito su di me e i frutti penso li porterò con me per tutta la vita.Giulia

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  14. Grazie Eli, ne abbiamo scovata un'altra di exchange!!!!Quali erano le differenze, se posso chiedere? Sono curiosa!Per la foto ti lascio indovinare, è facile: ci sono un'italiana, una russa e una brasiliana e i tratti e i colori secondo me rispecchiano bene i paesi di provenienza.Aspetto le risposte!!Giulia

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  15. Che figata, santo cielo 🙂 Giulia io ti invidiooooo :POra però dopo tutte queste gran cose vorrei un post che tratti esclusivamente gli aspetti negativi..confessa ;)I tuoi ti hanno fatto un enorme regalo, puoi dirlo forte!secondo me sei quella a destra

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  16. Un racconto davvero bellissimo, grazie a entrambe!Io ho sempre sognato di andare in USA, soprattutto al liceo come hai fatto tu, purtroppo i mezzi economici della mia famiglia all'epoca non lo permisero 😦 però ricordo con piacere immenso una ragazza che venne da noi nella nostra classe con l'intercultura e con la quale potemmo scambiare lingua e cultura, un pezzo di mondo diverso 🙂

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  17. Bellissimo racconto, la figlia del mio capo in Italia aveva fatto questa esperienza e ho sempre pensato che fosse una cosa positiva, ma sentirlo direttamente da chi l'ha vissuto è decisamente un'altra cosa. Coraggiosa e brava!

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  18. wow….sono a bocca aperta. Che gran regalo che ti fecero i tuoi, che grande coraggio hai avuto ad andare, stringere i denti e tornare cresciuta 🙂 è un'esperienza che arricchirebbe a tutte le età. Io nonostante i quaranta l'anno sabbatico me lo prenderei volentieri!

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  19. Indovinato! Non era difficile, vero?Un post con gli aspetti negativi… Non si è capito che ho ODIATO il bowling?! E ti assicuro che è un aspetto negativo bello grosso visto che ci giocavo ogni settimana.E poi certo un po' di solitudine c'è stata, a volte volevo starmene in camera mia da sola come avevo sempre fatto e continuo a fare e invece non potevo perchè la host family mi proponeva di fare questo e quest'altro. Non sono aspetti negativi, diciamo che sono cose che ho imparato a farmi andare bene. Sono stata abbastanza fortunata con la host family, non erano proprio come i miei genitori, ma mi hanno trattata sempre come una figlia, questo sì.Se proprio ci penso un ricordo brutto è stato questo: uno dei primi mesi non sono stata bene a scuola. Quindi hanno chiamato a casa per farmi venire a prendere; hanno detto “they're coming to take you home” e lì ho pensato che non sarei andata esattamente a casa dalla mia mamma e quindi sob sob lacrimoni!!!Giulia

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  20. Grazie!Spero di aver portato anche io un pezzo di mondo diverso. Una delle cose che ricordo di aver realizzato è che io, in Italia, vivevo in una posizione strategica: da casa mia in meno di quattro ore potevo essere in altre Regioni – quindi mare, lago, montagna- ma anche in altri Paesi – Francia, Austria, etc. Molti dei miei compagni di classe americani non avevano nemmeno il passaporto e non erano mai stati al di fuori del Wisconsin, se guardi dov'è Janesville e guidi per 4 ore verso Nord sei ancora nel Wisconsin!!! Per loro ero quasi una marziana all'inizio ;-)Giulia

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  21. Sono d'accordo su tutto, è un'esperienza che ti obbliga a metterti in gioco, a mettere sul tavolo le tue carte, non si vince nè si perde però devi essere onesta, almeno con te stessa. Almeno io ho avuto questa sensazione. Adesso ci spedirei mia mamma a imparare l'inglese visto che quando capitiamo all'estero io sono la tua official interpreter ;-PGiulia

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  22. bel racconto davvero, e interessante. la sola contro indicazione è che mi viene una gran voglia di partire, ma temo proprio di essere fuori tempo massimo…

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  23. Grazie. Lucy lo sa che questo mio scritto iniziava con una bella premessa sulla mamma, che poi ho tagliato sennò veniva la storia della mia famiglia. Cmq sì bravissima la mamma, è la mia mamma lo so, sono di parte, ma come spiegavo più su lei non ha potuto fare tante cose e quindi ha cercato di dare a noi l'opportunità di farle. Non ha concesso tutto sia chiaro, è anche una mamma severa, ma secondo me il concetto di mamma è proprio questo, cioè cercare di dare ai figli gli strumenti per affrontare la vita.Giulia

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  24. Magari per la High School sì, ma la padrona di casa qui è un ottimo esempio del fatto che “fuori tempo massimo” è relativo. Ricambio il sorriso :-)Giulia

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  25. Deve esser stata un'esperienza incredibile!!Che invidia 🙂 🙂 mi sarebbe piaciuto tantissimo fare una cosa del genere,ma non è stato possibile, un po'per discorsi economici e il fatto che con difficoltà mi avrebbero lasciato andare.. peccato :(!sono esperienze che ti cambiano, ti maturano ma soprattutto ti arricchiscono!!Complimenti ancora!!http://blogpercomunicare.blogspot.it/

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  26. aggiungo un pensiero che mi arriva dopo una seconda lettura..ma quanto sono belle le famiglie allargate?!? Se penso alla stessa famiglia che ti ha ospitata, ribaltandola in italia, sono sicura che avrebbe su di sè occhi, orecchie, malelingue e pregiudizi…

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  27. Sono d'accordo. Infatti la famiglia della host Mom in campeggio ci guardava come se avessimo la peste. Mi ricordo questa cosa, bellissima: la Mom ha sempre detto, parlando di tutti noi 4: “my kids”. A me questa cosa commuove ancora oggi.Giulia

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  28. Ale, ti ricordi Alice? Sapevi che ospitavano bambini in affido? Ecco, per me quella era una famiglia stramba, coi loro sessantasette gatti :/ ma gia' allora pensavano che avessero un grande cuore. Nonostante le manie dell'igiene.

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  29. Sono io! Il Nano ieri sera mi ha manifestato la sua gioia a questa proposta! Ora devo solo inizare a mettere da parte i soldi necessari in un gruzzolo diverso da quello per comprare la casa (quest'ultimo gruzzolo ha la tendenza a fagocitare qualunque cosa!!!).Apina

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  30. Anche per me e´ stata un´esperienza fantastica! Mi ha cambiato la vita. Io sono stata negli stati uniti per un´anno nel lontano 1993. Diversamente da te, non al liceo ma al community college. Subito dopo la maturita´, ho deciso di perdere un anno per migliorare l´inglese e vivere negli stati uniti. Ho organizzato tutto da sola (economicamente ho investito i soldi di un incidente che purtroppo avevo avuto…altimenti i miei non avrebbero avuto la possibilita´ di mandarmi). A tutti i genitori dico…non esitate a mandare i vostri figli fuori…e´ davvero un´esperienza formativa incredibile.

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  31. bellissimo post!!!!! Io non ho avuto la fortuna di fare un'esperienza di questo genere ma ricordo compagne di scuola che l'hanno fatta, chi un anno in america, chi anche solo la ragazza alla pari in estate in inghilterra…e devo dire che l'esperienza all'estero le ha rese certamente più pronte, più preparate, più sveglie di come eravamo noi “sedentarie”…Assolutamente vorrei farlo fare alla mia piccolina. Anzi sto pensando quasi quasi di incominciare da qui mandandola magari alla scuola francese già dalle elementari dove parlano francese da subito.un bacio

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  32. @ Emy che mi chiedeva degli aspetti negativi. Ecco a ripensarci bene l'igiene della casa non era il massimo. Avevano 3 gatti (e fin qui niente da dire) ma avevano anche la moquette in tutta la casa, anche in bagno. Mi ricordo quando mi hanno detto: “e pensa che è la moquette di 25 anni di fa, di quando abbiamo comprato la casa!”. Tenendo conto che la host Mom era casalinga ma detestava pulire ecco diciamo che quella moquette non era il massimo, loro ci andavano a piedi nudi, io no. Giuliaps: ma Ale e Lucy sono sorelle vero?

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  33. Sei tu! :-DTi stai muovendo con molto anticipo. I prezzi (non economici direi) sono più o meno gli stessi tra le varie associazioni però ne esistono diverse e alcune offrono la possibilità di avere borse di studio. Facci sapere Apina, semmai scrivi a Lucy che ti dà la mia mail.Giulia

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